ROMA – Come una grande azienda, da l 22 dicembre scorso, anche una famiglia super indebitata può accedere alla procedura fallimentare controllata. Invece che subire immediatamente le conseguenze drammatiche della bancarotta, come il pignoramento della casa, può concordare con i creditori un piano di ristrutturazione dei debiti. Proprio come le società, dichiarare fallimento salva il patrimonio. Una specie di spalma-debiti, come, per dire, le società di calcio?
In effetti la norma messa a punto è indirizzata ai lavoratori sovraindebitati cui il governo Monti concede una boccata d’ossigeno: indebitamento privato che ormai è diventato una vera piaga sociale, come ricorda il sindacalista della Uil Augusto Pascucci. In Italia il livello dell’indebitamento privato è meno elevato che nel resto della zona euro, ma è cresciuto di 21 punti percentuali dal 2004, passando dal 45% al 66% del proprio del reddito disponibile, un po’ come il nostro Pil individuale.
Primo passo della legge è rendere più efficiente il processo civile. Il percorso di ristrutturazione del debito personale inizia infatti con la proposta dell’indebitato per l’estinzione dei suoi obblighi al Tribunale della propria città di residenza o della sede dell’azienda. Per tre mesi il giudice stabilisce che il patrimonio del debitore non venga toccato. Il piano risulta quindi valido se c’è l’accordo del 70% dei creditori.
A questo punto intervengono gli organismi specializzati nella composizione della crisi: sono iscritti presso il ministero della Giustizia e istituiti dagli enti pubblici ma anche dagli enti di mediazioni delle Camere di Commercio, dagli avvocati, dai notai e dai commercialisti.