Famiglie, cinghia sempre più stretta: persi 1000€ l’anno. Per i single la metà

Famiglie, cinghia sempre più stretta: persi 1000€ l’anno. Per i single la metà

ROMA – Le famiglie italiane fanno sempre più fatica a tenere i conti in pari. Il potere di acquisto delle famiglie consumatrici nel terzo trimestre del 2012 è diminuito del 4,4% rispetto all’anno precedente. Conseguentemente è calata anche la spesa del 2,2%. Meno forte, invece, la caduta del tenore di vita dei single. A conti fatti sono circa mille euro persi all’anno per famiglia. Per i single circa la metà. Lo comunicano i dati Istat pubblicati il 9 gennaio che interpretano il fenomeno come effetto del carovita e dell’erosione dei posti di lavoro nel decennio 2003-2013.

L’impoverimento degli italiani è cosa nota ormai: da mesi ormai sindacati e associazioni dei consumatori hanno lanciato l’allarme, specie all’annuncio dell’aumento dell’Iva. A settembre uno studio della Cgil prevedeva un crollo dei consumi delle famiglie operaie nel triennio 2012-2014 per effetto di inflazione, disoccupazione e pressione fiscale. Ma il fenomeno di arresto è in corso da circa un decennio: se in termini nominali il reddito netto familiare medio per una coppia con un figlio a carico è cresciuto dal 2003 al 2011, c’è l’inflazione a frenare le spese.

Impoverimento salariale che va sommato alla variabile occupazione: nell’ultimo decennio il lavoro è diventato sempre più precario e in una coppia è molto probabile che almeno uno dei due abbia perso il posto.

Del resto che la situazione fosse preoccupante ce lo ha detto due giorni fa anche la Commissione europea che nel suo rapporto annuale sull’occupazione e gli sviluppi sociali, ha segnalato l’Italia tra i paesi a rischio “trappola povertà di massa”.

Messe a confronto le spese di un single e di una famiglia con un figlio a carico, con le dovute distinzioni per area geografica, in termini nominali, nell’ultimo decennio si assiste a un aumento dell’esborso mensile. Ma se si calcola il reddito depurato dall’inflazione, si evince che le spese non comprimibili ora pesano molto di più.

Per intenderci, se nel 2003 un single milanese spendeva per mangiare il 19% del suo reddito, ora la stessa spesa incide per il 24%. Mentre l’incidenza delle spese per la casa sono passate da un quasi 37% a circa 53%. Stesso andamento per un bilancio familiare: la spesa di una famiglia milanese nel 2003 pesava intorno al 17%, ora il 21%. E si consideri che nel calcolo non è compreso l’esborso dell’Imu.

Ma cosa significano questi numeri? Non di certo che le voci di spesa sono in crescita. E’ invece più plausibile che le famiglie abbiano cominciato a risparmiare lì dove si può. E se su affitto, cibo e bollette non si può risparmiare, allora si taglia sull’abbigliamento e altre spese voluttuarie. Da qualunque lato la si voglia tirare, la coperta è sempre troppo corta e il rischio è davvero di finire imbrigliati in una trappola della povertà da cui è difficile uscire.

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