A Mirafiori la Fiat “strizza” i sindacati: lo strano caso del grande futuro sparito in una settimana

di Lucio Fero
Pubblicato il 3 Dicembre 2010 - 15:55 OLTRE 6 MESI FA

Pochi giorni fa in pubblico e in pompa magna la Fiat aveva annunciato un grande futuro per Mirafiori. Platealmente era stato Sergio Marchionne a portare la buona novella ad un incontro sindacale dove la sua presenza non era prevista. Aveva voluto fare una sorpresa, una buona e gradita sorpresa: a Mirafiori miliardi di investimento e la Jeep e la “piattaforma” produttiva in comune con Chrysler nella fabbrica piemontese. Festa grande dei sindacati e sui giornali, perfino al Fiom aveva, a denti un po’ stretti, mormorato: “Trattiamo, non si può non trattare”. Pochissimi giorni dopo, un po’ meno in pubblico, la Fiat aveva fatto sapere ai sindacati, soprattutto a quelli più moderati, disponibili e concreti, insomma ai metalmeccanici della Cisl e della Uil, che il grande fututo per Mirafiori passava per un accordo sulle modalità di lavoro da sottoscrivere in una settimana.

Inconsueto per come vanno le cose in Italia, addirittura frettoloso. Ma poteva essere una fretta benefica, una volta tanto. Nessuno, quasi nessuno aveva dubitato fosse una fretta in ottima fede. Tanto più che a domanda la Fiat rispondeva: certo ci sarà una nuova “cornice” contrattuale, insomma regole nuove adatte per la nuova Mirafiori. Ma, aveva assicurato la Fiat, per quel che riguarda ferie, permessi, festività e versamenti pensionistici si farà ovviamente riferimento al contratto nazionale dei metalmeccanici.

Pochi giorni dopo l’ovviamente è sparito e si è tramutato nel suo contrario. Appena i sindacati, al primo incontro, hanno pronunciato le magiche parole “contratto nazionale”, i sindacati moderati, disponibili e concreti non la solita Fiom isolata, la Fiat si è smaterializzata dalla trattativa. Puff- è sparita, si è alzata dal tavolo e ha detto: “Non ci sono le condizioni, non se ne parla più”. Qual è allora la tattica, la strategia, anzi la volontà della Fiat?

Anni 60: catena di montaggio della Fiat 600 a Mirafiori

Di certo c’è la pratica di un trattar “duro”. C’è il messaggio chiaro e forte: o mangi questa minestra o salti dalla finestra. Non poco certo, ma tutto qui? Un’azienda che vuole, che ha deciso, anzi sta per far partire un grande investimento, che ha fatto una scelta strategica, produttiva e non sindacale, che ha tutto pronto e che ha fatto i suoi calcoli di opportunità e convenienza chiude il “libro” alla prima pagina che non si sfoglia? Un’azienda che ha già affrontato la “tempesta Pomigliano” presta subito il fianco al dubbio di cercare un pretesto per chiudere non la singola trattativa ma “bagagli e burattini” a Mirafiori? E, se lo fa, perchè lo fa?

Per averla vinta, tutta e subito, su ferie, permessi, festività e contributi pensionistici è una risposta che può bastare. Ma bastare appena: non si mettono in difficoltà e in imbarazzo i sindacati che finora hanno aiutato, non si mostra il “grande futuro” facendolo sparire pochi giorni dopo, non si lavora e rischia uno “stop and go” che tanto somiglia a una voluta manovra di testa-coda, voluta da chi è al “volante”, se non si ha in mente e in tasca un “Piano B”.

Questa Fiat che si vede, questa Fiat che così vuole essere vista, più che ad una azienda che agita e sbatte il “pugno di ferro”, somiglia ad un promesso sposo che si mostra rude e violento per farsi dire di no dalla promessa sposa. Forse sono le “nuove relazioni industriali”. Forse è invece il “nuovo mercato”. Le prime in Italia, sia pure a forza, ci possono entrare. Al secondo è l’Italia che sta stretta, anche un’Italia “strizzata”.