Finmeccanica, Cola: “Zucchine ai politici, ecco come pagavamo tangenti”

ROMA – Nome in codice zucchine. Le tangenti, spiega agli inquirenti il consulente Lorenzo Cola, in Finmeccanica le chiamavano così.

E’ novembre 2010 quando Cola, in carcere, inizia a collaborare e a raccontare la sua versione dei fatti agli investigatori che erano partiti dal caso di Gennaro Mokbel ed erano arrivati fino a Finmeccanica. 

Cola, scrivono su Repubblica Carlo Bonini e Maria Elena Vincenzi “svela i retroscena della trattativa tra il nostro Governo e i fondi sovrani della Libia di Muhammar Gheddafi. L’impegno per sostenere l’Ansaldo in un “progetto di centrale” in Iran”.

Soprattutto il consulente punta il dito contro Lorenzo Borgogni, il capo delle relazioni esterne di Finmeccanica che secondo Cola è “l’ufficiale pagatore” della holding. Pagatore, si intende, delle tangenti. E poi cola aggiunge: “Guarguaglini (il presidente di Finmeccanica) sapeva”.

“Il suo lavoro – si legge negli atti pubblicati da Repubblica – era quello di tenere i contatti con i politici che avevano i rapporti con le società del Gruppo. Da un lato, Borgogni era informato, attraverso i suoi collaboratori, dei politici che chiedevano un colloquio con responsabili vari delle società e, dall’altro, egli stesso li indirizzava a questa o a quell’altra società, a seconda della loro esigenza. Borgogni era a conoscenza, fin da epoca remota, del sistema di pagamento delle tangenti da parte dei fornitori di “Selex Sistemi Integrati” (controllata di Finmeccanica, al cui vertice siede Marina Grossi, moglie di Guarguaglini ndr). Lui stesso era beneficiario di una parte di queste tangenti. So questo con certezza perché in moltissime occasioni mi è accaduto di parlarne con lui”.

Quanto agli affari sui fondi sovrani libici è sempre Cola che sembra avere un ruolo di primo piano. Come scrive anche il Fatto Quotidiano, il consulente sa le cose, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti invece no. “Nel 2008 circa, – dice ancora agli inquirenti Cola – Guarguaglini venne convocato nel suo studio da Gianni Letta e dall’ambasciatore libico e gli fu presentata la possibilità che fondi sovrani libici acquisissero quote di Finmeccanica. Il giorno successivo, il presidente mi convocò e insieme cominciammo a lavorare all’ipotesi di un ingresso libico all’8 per cento in Finmeccanica. Una percentuale che ci sembrava eccessiva e che nei nostri colloqui venne ridotta al cinque. Dell’ingresso dei fondi sovrani libici informai personalmente il ministro Tremonti nella primavera-estate del 2009. Lo incontrai a palazzo Madama, nello studio del senatore Andreotti, alla presenza di Andreotti e dell’avvocato Vitali. Tremonti dei libici mi disse di non sapere nulla e comunque suggerì lo strumento della “Newco” per il loro ingresso”.

E ancora: “Io venni pagato, utilizzando la “Print System” in Libia (società di Tommasso Di Lernia, arrestato per frode fiscale, acquirente a peso d’oro della barca di Marco Milanese e significativamente detto nel giro degli appalti Enav-Finmeccanica “er cowboy”). Guarguaglini sapeva come era stato pagato. Del resto, mi aveva detto di fare come credevo”.

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