ROMA – Senza adeguamento tariffario niente piano di sviluppo per l’aeroporto di Fiumicino. Il no del Tesoro a dare il via libera al contratto di programma, ovvero alle nuove tariffe aeroportuali chieste da Adr, la società dei Benetton che gestisce gli scali romani, fa saltare il piano di sviluppo firmato lo scorzo 25 ottobre tra Adr e Enac. A cancellare il futuro di Fiumicino sta provvedendo il governo Monti che, impantanato nei giochi incrociati di fine legislatura, con il suo immobilismo sta di fatto bloccando investimenti per 12 miliardi di euro nei prossimi 30 anni. Che fanno 230 mila posti di lavoro e il 20% del Pil regionale sfumati.
Detto in soldoni, il progetto di potenziare e ampliare lo scalo di Fiumicino per portarlo a una capacità di 100 milioni di passeggeri annui (contro gli attuali 37 a fronte di una capacità di 32), faceva parte di un accordo di programma nel quale Adr guadagnava 8,5 euro in più a passeggero e dall’altra c’era l’impegno a realizzare opere per 2,5 miliardi fino al 2021, più altri 9,45 fino al 2044.
Fiumicino è il più importante aeroporto italiano, porta di ingresso del paese e, per posizione, dovrebbe aspirare ad essere di nuovo hub del Mediterraneo. Tarparne il rilancio significa una perdita non solo per Roma ma per l’intera nazione.
Unindustria e Confcommercio protestano all’unisono e chiedono l’immediato intervento del governo: “Così è impossibile essere competitivi”. Lo stop degli investimenti causerebbe la perdita di oltre 3mila posti di lavoro già nel 2013, 32 mila nei prossimi dieci anni e ben 230 mila dal 2021 al 2044, la gran parte impiegati in opere edili.
Gli imprenditori di Roma e del Lazio confidano fortemente affiché il premier Monti intervegna rapidamente “per evitare un pericoloso stallo che in un periodo così delicato del nostro territorio penalizzerebbe non soolo lo sviluppo economico e la creazione di nuovi posti di lavoro ma creerebbe anche un vulnus incolmabile epr la credibilità internazionale del Paese”.
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