Finmeccanica, scatole cinesi e fondi neri: spunta un memoriale di Cola. Ma Guarguaglini nega tutto

Pier Francesco Guarguaglini

”Né fondi né conti correnti all’estero. Né io né la mia famiglia”. Dopo le nuove indiscrezioni di stampa su presunti fondi neri di Finmeccanica, il numero uno del gruppo, Pier Francesco Guarguaglini, torna ad escludere qualsiasi coinvolgimento.

Il caso giudiziario all’attenzione della Procura della Repubblica di Roma è tornato alla ribalta il 18 ottobre sulle pagine di ‘Repubblica’. Secondo il quotidiano, l’ex consulente di Finmeccanica, Lorenzo Cola, detenuto nel carcere di Rebibbia da quattro mesi con l’accusa di riciclaggio, lo scorso 14 ottobre è stato interrogato per molte ore dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dai pubblici ministeri Giovanni Bombardieri e Rodolfo Sabelli.

A loro, secondo Repubblica, Cola avrebbe consegnato un documento di ricostruzioni da lui stesso scritto in carcere e in cui avrebbe cominciato a raccontare qualcosa dell’affaire che riguarderebbe la Digint, la società milanese di informatica per la sicurezza delle aziende, di cui Finmeccanica detiene il 49% e ha la governance.

Secondo ricostruzioni giornalistiche, proprio la Digint sarebbe una scatola vuota finalizzata anche a costituire fondi neri. Un’accusa sempre respinta da Guarguaglini che ha definito la società “seria”, con 30 addetti, acquisita nel giugno 2007 per dotarsi di un innovativo sistema di sicurezza informatica: un software in adozione da parte delle società del Gruppo, ha spiegato Finmeccanica, che sta producendo significativi risultati.

Il presidente e amministratore delegato di Finmeccanica – interpellato il 18 ottobre a margine di un convegno alla Bocconi di Milano – ha affermato di non sapere nulla nemmeno su possibili coinvolgimenti di altri manager. ”Di cosa dica Cola non so nulla, e non credo abbia nulla da dire”.

Cola, secondo gli inquirenti, avrebbe versato su un proprio conto in Svizzera circa otto milioni di euro di provenienza illecita sborsati dall’imprenditore Gennaro Mokbel – arrestato con lo stesso Cola nell’ambito dell’inchiesta sul maxi riciclaggio che coinvolge Fastweb e Telecom Italia Sparkle – per acquisire il 51% della Financial Lincoln SA, che detiene il 51% di Digint.

Secondo l’accusa, una parte consistente di quella somma avrebbe preso la strada dei paradisi fiscali con l’obiettivo di creare fondi neri. Denaro che sarebbe transitato tra San Marino, Singapore e Hong Kong per finire in Svizzera.

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