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Accuse ai Ligresti: i soci Fondiaria pagano lussi e perdite della famiglia

di Maria Elena Perrero |12 Aprile 2011 12:15

ROMA – Il cavallo purosangue di Jonella Ligresti, ma anche i buchi in bilancio: a questo sono serviti, secondo quanto scrive Vittorio Malagutti sul Fatto Quotidiano, i soldi dei piccoli azionisti di Fondiaria.

Il metodo è semplice, spiega Malagutti. L’anno scorso Fondiaria ha versato 1,4 milioni nelle casse di Laità, la società della famiglia Ligresti che possiede il purosangue della figlia del costruttore, acquistato in leasing nel 2008 per tre milioni.

Ma non finisce qui. Perché Fondiaria, terza compagnia assicurativa in Italia dopo Generali e Allianz, nel 2010 ha perso un miliardo, che si è aggiunto ai 390 milioni del 2009. E ovviamente la perdita ha riguardato tutti gli azionisti. Chi, è l’esempio di Malagutti, tre anni fa avesse investito 10mila euro in azioni Fondiaria ora se ne ritroverebbe un quarto, 2500.

Ma mentre i piccoli azionisti perdevano i loro soldi, i tre figli di Salvatore Ligresti, Jonella, Giulia e Paolo, tutti amministratori delle società del gruppo, hanno preso stipendi da 5 milioni ciascuno.

Adesso anche le banche come Unicredit e Mediobanca, scrive Malagutti, si sono mobilitate per salvare “l’amico Salvatore Ligresti”. E, tra l’altro, hanno finanziato non solo il primo purosangue, ma anche altri tre cavalli di Jonella Ligresti, la stessa che fino poche settimane fa sedeva anche nel consiglio di amministrazione di Unicredit.

E ancora: dall’esame dei bilanci, scrive Malagutti, si scopre che negli ultimi due anni la famiglia Ligresti ha più volte attività in perdita sulla compagnia quotata in Borsa, mentre “milioni e milioni di euro finivano a parenti e amici degli azionisti di controllo a titolo di compensi e prebende varie”.

Ecco così che la Dialogo assicurazioni, compagnia minore del gruppo, affida la propria campagna promozionale alla Gilli communication di Giulia Ligresti. Il milione e settecentomila euro del conto finiscono quindi in cassa alla società di famiglia.

Procedura simile per gli alberghi della catena Atahotls: nel 2009 i Ligresti decidono di disfarsene, e per farlo li girano a Fiondiaria, per il “modico” prezzo di 25 milioni. La valutazione, è scritto nel bilancio 2009, sarebbe stata fatta con perizie e opinioni legali. Eppure dopo la vendita di maggio si scopre che la catena va malissmo, e la valutazione passa a 17 milioni.

Nel 2010, ricorda Malagutti, conti del alberghi della catena perdono 52 milioni su 110 di ricavi. Fondiaria svaluta per la seconda volta la propria partecipata in Atahotels, alla cui perdita si aggiungono altri 30 milioni di rosso. Ma agli azionisti i Ligresti fanno sapere, come si legge nel bilancio, che Atahotels è “riuscita a difendersi meglio di altri concorrenti”.

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