Fornero, pensioni: contributivo per tutti e chi prima esce meno prende

Il nuovo ministro del Welfare Elsa Fornero

ROMA – Elsa Fornero è il nuovo ministro del Welfare e, novità, avrà anche la delega sulle Pari Opportunità. Professore ordinario di Economia Politica all’Università di Torino è il “tecnico” esperto di previdenza. Giudicata serissima e competente ha risposto a Radio Anch’io a proposito della convocazione all’ultimo minuto, violando simpaticamente la consegna del silenzio imposta da Monti almeno fino a fiducia avvenuta. Gustoso il siparietto telefonico: ”Mi ha chiamato l’altra sera – ha sottolineato la Fornero dicendo di conoscere il presidente del Consiglio da quando insegnava a Torino – e mi ha detto ”puoi immaginare il motivo della mia chiamata”. Io ho risposto che a chi mi diceva fino ad allora ”ma non ti ha chiamato?” rispondevo forse mi vuole un po’ di bene. E lui: ”te ne voglio ma vorrei che entrassi lo stesso”.

Al di là dei convenevoli, è importante conoscere l’opinione del neoministro sul delicatissimo tema delle pensioni. Le sue posizioni sono note: contributivo per tutti pro-rata e introduzione di una fascia flessibile di uscita compresa indicativamente tra i 63 e i 70 anni. Questa della fascia flessibile potrebbe rappresentare l’idea vincente per uscire dall’impasse sulla riforma previdenziale. Sarà interessante assistere al duello che necessariamente dovrà ingaggiare con la controparte più combattiva: di fronte avrà un’altra donna determinata, la Camusso della Cgil. Inviandole gli auguri e l’apprezzamento per le sue indiscusse capacità, ha compreso perfettamente che quella nomina significa dare priorità al ritocco delle pensioni.

Il contributivo per tutti dovrebbe partire al più presto, almeno dal prossimo gennaio. Per l’emergenza, a parte l’ipotesi estrema di un blocco di un anno dei pensionamenti con la chiusura della “finestra mobile” (ma questo dipenderà dall’evolversi della crisi finanziaria) c’è il progetto più percorribile di nuovi contributi dalle pensioni più elevate, comprese le baby-pensioni.

Intanto la fascia flessibile dovrà valere per tutti, uomini e donne. Un modo per superare la disparità di trattamento per cui le donne del privato escono dal lavoro a 60 anni mentre gli uomini a 65. Ma questa flessibilità dell’uscita dal lavoro può rappresentare una soluzione al problema dell’eliminazione delle pensioni di anzianità. Gli assegni previdenziali saranno commisurati a un calcolo variabile dell’importo: il coefficiente sarà più alto man mano che aumenta l’età di uscita dal lavoro. In questo modo si terrà conto dei contributi versati e della minore aspettativa di vita. Il limite minimo di 63 anni potrebbe anch’esso essere suscettibile di deroghe: si potrebbe uscire anche a 60 anni ma a quel punto l’assegno sarà calcolato unicamente con il sistema contributivo, ammesso che sia 1,2 volte superiore alla pensione minima .

Un assegno che sarà più basso e fondato su ciò che si è effettivamente versato e associato a un’aspettativa di vita più lunga. Una misura, questa della fascia flessibile, che nasce da un principio di equità e che guarda al lungo periodo: nel frattempo, per i primi tre anni, si risparmierebbero già 4/4,5 miliardi di euro. Sempre per una questione di razionalizzazione ed equità, le misure devono avere carattere universale “applicate indistintamente a tutti nell’ambito della previdenza obbligatoria con l’eliminazione delle sacche di privilegio ancora esistenti”.

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