Il mercato non deve per forza abbandonare la plastica: la si può continuare a produrre anche senza inquinare.
Magari è possibile continuare a produrre plastica sfruttando processi utili a ridurre la CO2… Per il mercato, la plastica continua a offrire grandi benefici economici, ma il suo impatto ambientale negativo è ormai palese e ingestibile. A livello politico e sociale si impone dunque una rivoluzione tanto nelle pratiche di produzione quanto nelle abitudini di commercializzazione e consumo. Arrivati a questo punto, fondamentalmente, si tratta di mitigare i danni provocati dall’impatto ambientale del materiale (nel 2019, uno studio ha calcolato che i costi globali legati all’inquinamento da plastica abbiano raggiunto i 3.700 miliardi di dollari, una cifra superiore al PIL dell’India).
Per un Paese come l’Italia, rinunciare da un giorno all’altro alla produzione della plastica sarebbe una tragedia. Nel 2024, l’industria della plastica in Italia ha registrato un fatturato di circa 25 miliardi di euro. Si tratta dunque di settore è fondamentale per l’economia nazionale, con una significativa parte del fatturato che proviene dall’export (circa il 70%). Nonostante la recente crisi dovuta ai costi energetici e alla scarsità delle materie prime, l’industria della plastica continua a crescere. E ora è chiamata anche a innovare, mantenendo un ruolo centrale negli anni della sostenibilità e dell’economia circolare.
Ed ecco spiegato perché è così importante promuovere la sostenibilità. Non bisogna però abbandonare la plastica, che è un materiale ancora ampiamente utilizzato (grazie al suo basso costo di produzione e alla sua versatilità) e fondamentale in vari settori. Bisogna semmai inventarsi qualcosa di nuovo… Di recente, per esempio, dei ricercatori della University of Michigan hanno compiuto degli interessanti studi su un’importante scoperta nel campo della fotosintesi artificiale.
Produrre plastica con la fotosintesi artificiale: così rinasce l’etilene
Questi ricercatori americani hanno sviluppato un metodo per creare una fotosintesi artificiale durevole che riesce a incatenare assieme due atomi di carbonio. Tale processo appare utilissimo alla produzione di combustibili solari, poiché permette di convertire l’energia solare in combustibili chimici (in modo del tutto efficiente e sostenibile).
La fotosintesi artificiale è una tecnica che imita il processo naturale delle piante di trasformazione di CO2 in ossigeno. In particolare si tratta di sfruttare la luce solare per trasformare l’anidride carbonica e l’acqua in carboidrati e ossigeno. Teoricamente, non è così complicato, ma dal punto di vista pratico, chiunque ci abbia provato finora si è dovuto scontrare con grosse difficoltà nella stabilizzazione e nell’applicabilità sostanziale del processo.
La possibilità di concatenare due atomi di carbonio rappresenta un grosso passo in avanti, dato che potrebbe rendere presto possibile una produzione più efficiente di combustibili solari, riducendo di conseguenza la dipendenza dai combustibili fossili (un passaggio chiave per combattere il cambiamento climatico).
L’importanza dell’etilene per l’industria italiana
Da anni i fisici e i chimici cercano nuove strategie per poter riciclare o riutilizzare la CO2 nella produrre combustibili sostenibili. Ma i più si sono scontrati proprio con la difficoltà del concatenare assieme gli atomi di carbonio. Il sistema di fotosintesi artificiale pensato dai ricercatori dell’università del Michigan, nel loro articolo pubblicato su Nature Synthesis, sembra però in grado di produrre etilene con grande efficienza. Cioè di dar forma a un composto di ottima resa e dalla longevità superiore agli idrocarburi creati con altri sistemi di fotosintesi artificiale.
L’etilene è un idrocarburo tipicamente utilizzato nelle plastiche (polietilene, cloruro di vinile ovvero PVC e altri materiali sintetici). Di conseguenza la prima applicazione pratica del sistema presentato dai ricercatori americani potrebbe essere quella di catturare l’anidride carbonica che altrimenti verrebbe rilasciata nell’atmosfera per produrre plastiche.
L’Italia è un produttore storico di etilene, data la sua importanza per l’industria chimica. Di norma, il composto viene prodotto attraverso il processo di steam cracking della nafta, un derivato altamente inquinante del petrolio (per produrre etilene dal petrolio e dal gas si liberano enormi quantità di CO2).