G20, a Parigi si cerca l’intesa su cambi e valute. Ma bisogna fare i conti con Pechino

Pubblicato il 18 Febbraio 2011 - 20:45 OLTRE 6 MESI FA

PARIGI – Un grande accordo del G20 per affrontare gli squilibri globali tenendo d’occhio quattro campanelli d’allarme: saldo commerciale, debito pubblico e privato, tasso di cambio e riserve in valuta estera. A questo punta la presidenza francese del G20, i cui piani – mentre il presidente Nicolas Sarkozy rilancia la proposta di una tassa sulle transazioni finanziarie – devono però fare i conti con l’opposizione di alcune ‘pesanti’ economie emergenti. Tanto che la fissazione dei quattro indicatori, caposaldo per evitare nuove crisi finanziarie fissando almeno un insieme di parametri-base (e rinunciando a quantificarli), sembra lontana dall’intesa.

”Crediamo non sia giusto utilizzare il tasso di cambio effettivo e le riserve”, ha detto stamani il ministro delle Finanze cinese Xie Xuren dopo un incontro con i suoi colleghi di Russia, India e Brasile, il gruppo dei ‘Bric’ che ora includerà anche il Sud Africa. ”I mercati emergenti, per gestire crisi finanziarie e shock economici, hanno bisogno di mettere da parte riserve”. Un’ipoteca su uno dei punti-chiave emersi dalle prime bozze del G20, anche se fonti qualificate riferiscono che ”c’è spazio di manovra” per un accordo una volta che a sedersi al tavolo saranno i ministri delle Finanze. Se ne parlerà stasera quando ministri e banchieri centrali daranno il via ai lavori veri e propri del G20 nella cena all’Eliseo.

L’agenda è fitta, va dalla corsa dei prezzi delle delle materie prime, tema che sta molto a cuore a Sarkozy, alla regolamentazione globale delle banche, fino al tema emergente del ‘sistema bancario ombra’. La parola d’ordine della presidenza francese è promuovere il coordinamento delle politiche su scala globale (il G20 rappresenta oltre l’80% del Pil mondiale), ”unica via che ci permetterà di tornare ad un alto livello di crescita”, spiega Sarkozy.

E poi – altro tema oggi citato dal governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, dal direttore del Fmi Dominique Strauss-Kahn e dallo stesso Sarkozy – non si può tornare al ”business as usual”, alle vecchie pratiche che hanno portato alla crisi finanziaria. Non è cattivo il quadro della crescita globale (”siamo in forma migliore”, dice il segretario del Tesoro Usa Tim Geithner). Né sarà difficile trovare le parole giuste per un comunicato finale del G20 incentrato sui principi comuni da rilanciare.

Proprio oggi il presidente della Fed, Ben Bernanke, ha aperto a Basilea3. ”Più stabilità, meno volatilità, meno eccessi, equilibrio”, ha riassunto il ministro delle Finanze francese Christine Lagarde. Ma c’è chi non si nasconde la difficoltà degli obiettivi quando si vanno a toccare i nodi cruciali come quello dell’indicazione puntuale dei parametri di squilibrio globale, come mostra l’opposizione dei ‘bric’: Mervyn King, governatore della Banca d’Inghilterra, non si nasconde che il ”conflitto” su come sanare maxi-deficit, enormi riserve valutarie ed esportazioni roventi grazie alla svalutazione, rischi di ripercuotersi sulla crescita globale.

Lontane le posizioni di Usa e Cina su cambi ed export: Zhou Xiaochuan, governatore della Banca popolare di Cina, ha chiesto di diversificare le riserve valutarie; Bernanke ha difeso la politica monetaria super-espansiva della Fed: la ripresa degli Usa – ha detto – fa bene a tutti. E lo stesso Sarkozy non si nasconde le difficoltà di un’intesa per tassare globalmente le transazioni finanziarie: ”So che è un argomento difficile che suscita molte opposizioni – spiega – ma mi auguro che se ne possa discutere”.

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