Galli (Confindustria): “Sì al rigore, ma no al fallimento delle aziende per non pagare”

ROMA – In Italia ''stiamo peggiorando la situazione delle aziende'', alla criticita' di conto economico ''si aggiungono i problemi di liquidita', non si riesce ad avere credito dalle banche o si fa fatica e lo Stato non ti paga. A questo punto rischiamo di arrivare al pareggio nel 2013 ma senza imprese''. Lo ha affermato il dg di Confindustria, Giampaolo Galli, parlando dei debiti della Pa verso le imprese aggiungendo: ''il rigore e' un conto, far fallire le imprese perche' lo Stato non paga e' altra faccenda''.

Galli, nel corso del convegno 'Politiche di austerita' e dinamismo dell'economia' organizzato dalla Fondazione economia Tor Vergata insieme con Link Campus University, ha spiegato che la stima dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti dei fornitori e' intorno ''al 4% del Pil''.

Ora se venisse pagato ''il 2% di questo'', ha ipotizzato, ''la cosa non dovrebbe modificare, se i conti dell'Istat sono fatti bene, il disavanzo rilevante ai fini di Eurostat, visto che e' calcolato per competenza''. Invece, ha aggiunto Galli, ci sarebbe ''un impatto sul fabbisogno di cassa e sul debito pubblico''.

Quindi, ha ammesso, ''capisco che e' molto difficile'' ma il risultato, ha sottolineato, ''e' paradossale'', con le aziende sempre in piu' difficolta'. Secondo Galli in Italia ''siamo condannati a fare una politica molto restrittiva, indipendentemente da quello che succede in Europa e dagli orientamenti dell'UE''.

Al riguardo Galli ha ricordato che l'anticipo del pareggio di bilancio dal 2014 al 2013 ''c'e' stato imposto dai mercati''. Quanto ad oggi, Galli ritiene che ''il fiscal compact non potra' cambiare, le affermazioni tedesche sono chiare e noi abbiamo gia' messo alcune cose in Costituzione''.

In generale in tutta Europa, in particolare nell'Eurozona, secondo Galli la situazione ''e' enormemente critica sia dal punto di vista economico che da quello politico. Stiamo forse vivendo il piu' grande esperimento, purtroppo sulla carne viva dei popoli, di restrizione fiscale contemporanea in tanti paesi diversi con un effetto moltiplicatore''.

Uno spread, ha aggiunto ''di 400 punti base per l'Italia e anche un po' piu' alto per la Spagna significa che i mercati qualche dubbio lo hanno. Alla lunga spread cosi' alti sono intollerabili sia per la finanza pubblica che per la competitivita' delle imprese''.

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