General Electric nel 2010 non pagherà tasse: anzi riceverà dallo stato un rimborso di 3.2 miliardi

Il presidente Obama con Jeffrey Immelt

ROMA – La multinazionale americana General Electric non pagherà neanche un dollaro di tasse secondo il New York Times: sebbene nel 2010 abbia fatturato 14 miliardi di profitti, di cui 5.1 miliardi solo negli Stati Uniti, non pagherà alcuna tassa, anzi riceverà un rimborso d’imposta dallo stato di ben 3.2 miliardi di dollari. L’azienda rappresentante del “made in Usa”, attiva nel campo della tecnologia e dei servizi, vanta i migliori commercialisti al mondo e risponde al capo esecutivo Jeffrey Immelt, recentemente nominato dal presidente Barack Obama capo dei consiglieri economici esterni della asa Bianca.

John Samuels è invece il direttore dell’ufficio contabile di Ge ed ex dirigente del Tesoro statunitense, ufficio che attuando una strategia aggressiva basata sull’integrazione tra attività di lobby e politiche contabili è riuscito a concentrare all’estero i suoi profitti: fatturando il 46 per cento negli Usa, ma solo il 18 per cento dei profitti, la multinazionale è stata capace di azzerare il conto dovuto al fisco, dimostrando anche che lo slogan aziendale “Imagination at work”, o ”Immaginazione al lavoro”, ben rappresenta la politica economica della Ge.

L’azzeramento delle tasse dovute allo stato americano dalla società di Fairfield, in Connecticut, ha generato non poche polemiche, ma i dirigenti della multinazionale hanno prontamente fatto sapere che “Ge vuole onorare i suoi obblighi fiscali”, come dichiarato dalla portavoce Anne Eisele, che ha aggiunto: “siamo impegnati a pagare tutte le tasse previste dalla legge. Allo stesso tempo abbiamo la responsabilità nei confronti dei nostri azionisti di ridurre legalmente i nostri costi”.

La Eisele ha poi sottolineato come la Ge creda che “investire all’estero aumenti le esportazioni americane e crei nuovi posti lavoro – ed ha spiegato -. Se l’azienda non è competitiva nei mercati stranieri, ciò implicherà meno posti di lavoro negli Stati Uniti”. Non sono mancate le critiche alla politica fiscale dell’azienda, che secondo gli economisti non danneggerebbe solo il ministero del Tesoro, ma l’intera economia nazionale se si considera che a partire dal 2002 la Ge ha ridotto di un quinto la sua forza lavoro in America, preferendo assunzioni all’estero, dove i profitti sono passati da 15 miliardi a 92 miliardi di dollari.

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