Generali, il nuovo corso parte da Mediobanca e Unicredit

ROMA – Un patto leggero per Mediobanca e  nessuna ricaduta per Piazzetta Cuccia. Ritrovato l’equilibrio al vertice delle Generali con la nomina a presidente di Gabriele Galateri, uno dei terreni sui quali si misureranno gli effetti della spallata al banchiere romano è ora l’accordo parasociale che vincola il 44,3% del capitale dell’istituto milanese.

L’idea sulla quale si inizierà presto a lavorare è di alleggerirlo, riducendo non solo le quote dei soci esteri, verso una soglia, comunque di sicurezza, intorno al 35%. In modo graduale: con una prima limatura al rinnovo del patto per il prossimo triennio e con altri interventi negli anni successivi.

Il patron della Tod’s Diego della Valle, uno dei protagonisti della svolta, nega effetti traumatici sul principale azionista (al 13,4%) della compagnia. ”Non avrà nessuna ricaduta su Mediobanca” dice, definendo poi una ”stupidaggine” l’idea di un disegno politico dietro gli ultimi eventi.

Nel patto in effetti, a dispetto delle polemiche che lo hanno coinvolto nel Leone, il vicepresidente della compagnia Vincent Bolloré risulta orientato a rimanere col suo 5%. Meno chiare appaiono invece, oggi, le intenzioni degli altri soci esteri: Groupama (ha il 3% più l’1,3% fuori patto) e il Santander della famiglia Botin (1,8%).

A confermare che l’accordo parasociale è da rivedere è stato intanto Dieter Rampl, presidente di Unicredit, primo azionista della banca con l’8,6%. ”Siamo in un patto che va al rinnovo a fine anno. Credo che tra i soci dovremo fare qualche discussione sul funzionamento della governance del patto Mediobanca”, dice il banchiere tedesco in un’intervista. ”Nutro – aggiunge – la stessa visione del nostro vice presidente Palenzona a riguardo: Mediobanca è il perno di Generali, noi il perno di Mediobanca”.

Intanto il primo momento di confronto è il Cda della banca messo in agenda da tempo, insieme al comitato esecutivo, su temi ordinari, il 12 aprile. Qui tra i consiglieri ci sono la presidente di Fininvest Marina Berlusconi, l’uomo d’affari Tarak Ben Ammar o il numero uno di Mediolanum Ennio Doris che potrebbero non aver gradito le recenti scelte dell’ad Alberto Nagel.

Poi si dovranno riempire le poltrone lasciate libere da Geronzi. In particolare a Piazzetta Cuccia si stanno valutando le ipotesi per il posto nella Rcs Quotidiani, vagliando soprattutto soluzioni esterne. Fra le quali c’è anche quella di Vittorio Colao, che di Rcs è stato amministratore delegato per due anni e che ora è il numero uno di Vodafone. Non è peraltro noto se il manager, già abbastanza impegnato alla guida del colosso delle tlc, aggiungerebbe un altro impegno ai molti che già ha. Nel caso, entrerebbe in una sorta di mini-patto dove siedono Giovani Bazoli presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Della Valle, il presidente di Ferrari Luca Cordero di Montezemolo, il numero uno del patto Giampiero Pesenti e il presidente di Pirelli Marco Tronchetti Provera, oltre ai vertici della società del Corriere della Sera.

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