Genova per voi e per loro. Al 2030 mancano solo sei anni, anzi cinque anni e dieci mesi e in questo tempo Genova dovrebbe trasformarsi quasi di colpo in una altra città. Non quella un po’ decadente, in crisi demografica, quasi irraggiungibile per colpa di autostrade piena di cantieri infiniti, con una manutenzione spaventosa, la peggior rete di trasporto pubblico non solo del Triangolo Industriale. Con alcune zone come fette del suo mitico centro storico off limits, infrequentabili, con pochi alberghi, nessun albergo sul mare.
Una sola grande attrazione, l’Acquario e gli altri tesori del suo patrimonio artistico culturale storico, sepolti qua e là nei mitici palazzi dei Rolli, novanta scrigni, per lo più cinquecenteschi, puntualmente resi accessibili a folle di turisti, che poi si perdono nel resto dei “caruggi”, alla ricerca di un pezzo di focaccia, la storica focaccia genovese che si mangia insieme al cappuccino, una bibita, un caffè.
Non quella città senza verde pubblico, che quello che c’è è malandato, abbandonato, anche se “bordeggia” le piazze principali della città, Acquasola e Villetta di Negro, che sono come sessanta anni fa, anzi peggio perché non ci sono più i mitici giardinieri Viacava, famiglia di grandi esperti. Non quella città con gli alberi, i pini da tagliare, stravolgendo gli sky line, che affascinavano poeti e viaggiatori.
L’altra città, che non è questa, è stata presentata con una cerimonia quasi solenne dal sindaco Marco Bucci, quello che in un anno ha ricostruito il ponte Morandi. Nella cerimonia troneggiava un plastico, sei metri per due, pieno di luci, colori, il verde dei parchi e il blu del mare e delle opere, che un po’ sono in costruzione, ma per la maggior parte sono progetti, ognuno con i suoi step. Le diverse fasi del percorso di realizzazione, tutte scintillanti e pronte a una delle più grandi operazioni di marketing territoriale mai vista, almeno a queste latitudini.
Il plastico, che riassume tutto sarò portato tra pochi giorni a Cannes, al salone mondiale Mipim, che è un po’ la mostra più importante che ci sia delle trasformazioni immobiliari realizzate per attirare gli investimenti della finanza planetaria. La sintesi delle operazioni in corso è stata più che un salto nel futuro e ha mostrato per intero quella che Bucci chiama vision.
Ed è proprio questo il salto tra il suo ottimismo del fare e la realtà. In questa vision, che inizia il suo viaggio per il mondo, la Superba dovrebbe diventare una calamita, una attrattiva per i residenti attuali e futuri, i lavoratori, gli investitori e i turisti in un clima inclusivo e ambientalmente “protetto”.
Il nocciolo della trasformazione, che dovrebbe far diventare la città così equilibrata tra qualità della vita, ambiente e “uso” dei cittadini e dei turisti, sono le infrastrutture strategiche , quelle di collegamento, il miglioramento delle aree verdi con un specie di innovativo “Parco dei parchi”.
Cosa scintilla nel superplastico? Soprattutto il piano ferroviario del Terzo valico, la Gronda autostradale, il ponte San Giorgio, il progetto Skymetro e ovviamente il tunnel subportuale, i cui lavori sono appena cominciati con la benedizione dei ministri Salvini e Piantedosi.
In questo modo si creerebbe il rilancio della zona costiera e la rigenerazione di molte aree della parte occidentale, aumentando anche il valore del patrimonio immobiliare. Insomma sarebbe una città 2030, interconnessa e rinnovata.
Peccato che alcune opere chiave, come il leggendario Terzo Valico, il collegamento ferroviario veloce con Milano, che dovrebbe essere pronto nel 2026, secondo il piano PNRR, sta stentando molto in un silenzio sepolcrale di Webuil, l’impresa costruttrice anche di questa maxiopera, che sta lavorando nella pancia dell’Appenino, dentro al tunnel più lungo d’Europa, 37 chilometri e trova difficoltà impreviste.
Peccato che della Gronda si parli da decenni, aspettando questa tangenziale di 57 chilometri con la maggior parte del percorso scavato in galleria e che i lavori finora eseguiti sono lo sfratto di qualche famiglia da case periferiche, le cui mura sono state demolite. Il resto non è neppure incominciato.
Ovviamente nel plastico da esportazione luccicano i nuovi parchi verdi, soprattutto quello di mille alberi di contorno al Water front di Levante, l’opera fin’ora più avanzata in questo sogno-vision e quasi pronta a una fantasmagorica inaugurazione nella prossima primavera.
Poi c’è il “piano Caruggi”, mission impossible, tentata da molti sindaci che nella realtà di oggi consiste modestamente nell’operazione in corso di pitturare con tanti colori e disegni le saracinesche dei negozi chiusi da anni in alcuni dei vicoli “storici” di Genova, Vico della Maddalena, san Luca e dintorni, nel dedalo più abbandonato nel cuore storico della città.
Una scelta che ai vecchi genovesi fa venire in mente uno storico proverbio, o meglio un vecchia rima . “Stucco e pitua, che fai bella figua…” facile la traduzione . Una mano di stucco e pittura ti fa fare bella figura.
In questo caso non è tanto la bella figura da fare, quanto cambiare il senso di marcia della città. Che sicuramente cambierebbe con lo Sky metro, opera oramai già autorizzata e finanziata, che però è molto avversata agli abitanti della Valbisagno, dove “sorgerebbe” questa linea sopraelevata di tram, che scorre appunto sopra il greto del fiume, o torrente che sia, Bisagno, al centro della città fino a Molassana, il centro più importante di questa vallata un tempo famosa perché il luogo dei rifiuti, dal colossale deposito della Nettezza Urbana, ai pubblici Macelli a, con un po’ di cinismo, il cimitero monumentale di Staglieno.
Lo Sky metro, che ha già avuto il via dal Comune e dalla Regione, libererebbe il centro da una marea di auto che ogni giorno strozzano il centro, calando dall’interno e si collegherebbe all’unica linea di metropolitana, la “metropolitana cucù”, che i genovesi costruiscono dalla fine degli anni Ottanta e che ha fatto otto chilometri in trenta anni, un record mondiale di lentezza.
Ovviamente nel superdisegno c’è anche una seconda pista dell’aeroporto, grande tema di discussione degli ultimi mesi un po’ perché a presiederlo ci è andato un super personaggio genovese, noto per la sua fama e per i suoi successi internazionali, ma anche per il suo profondo riserbo, Alfonso Lavarello , uomo di fiducia di Fidel Castro, degli Emiri arabi e di importanti famiglie storiche genovesi, e un po’ perché le classifiche nazionali hanno retrocesso il “Cristoforo Colombo” al ventitreesimo posto nella classifica italiana.
Lanciare la sfida per una seconda pista di un aeroporto che conta i voli quotidiani sulle dita di una mano, significa credere che sia stata trovata la chiave vera di un rilancio nei primi step che Lavarello molto silenziosamente sta cercando di raggiungere: la costruzione di una rete infrastrutturale tra i porti di Genova e Savona e tra le rispettive e diverse stazioni ferroviarie (a Genova ce ne è anche una proprio vicino all’ Aeroporto) e la cattura in questo modo del passaggio genovese di oltre tre milioni di croceristi in arrivo e in partenza tra Costa e MSC da Genova e da Savona.
E’ questo è il bacino che potrebbe intensificare i voli e le piste, oltre a un nuovo appeal della città. Che si conquista non certo solo con i superplastici, con i rendering presentati al mondo intero.
I maligni, tra i quali ovviamente l’opposizione del Pd, sostengono che gran parte delle maxiopere, messe in cantiere e nel plastico di Bucci, sono giustificate dalla necessità di scaricare in mare il risultato degli enormi scavi che il Terzo Valico, la Gronda e il Tunnel Subportuale prevedono o prevederanno.
Per fare la Diga, la seconda pista e molti riempimenti di un porto che si ingigantisce, ci vogliono montagne intere di scavo.
D’altra parte non è così che la Genova portuale e industriale è stata fatta decollare negli anni Trenta e poi nel frenetico Dopoguerra delle grande industrie IRI?
Allora non c’erano ovviamente plastici o rendering (le immagini costruite in proporzione alla città dei nuovi insediamenti progettati).
Oggi c’è il marketing territoriale sempre più affilato che la comunicazione moderna rende efficace al punto di far scambiare il progetto con la realtà. Come nel plastico monstre di Bucci, che è già in navigazione, o in volo, per Cannes, per far sbavare gli investitori di mezzo mondo…..
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