ROMA – Fossero due individui, Germania e Grecia, ne ricaveremmo, dal loro modo di considerare la rifondazione di un debito, utili chiavi psicanalitiche oltre che un romanzesco intreccio di intransigenza e smemoratezza, di rivalsa e schizofrenia. Il Sole 24 Ore riferisce di un gustoso aneddoto rievocato dall’economista Marcello De Cecco a un convegno sul futuro del capitalismo organizzato dall’Istituto Aspen Italia. Era il 1953, quando alla Conferenza di Londra fu deciso il modo di gestire debiti e riparazioni di guerra a carico della Germania nell’Europa da poco uscita dalla seconda guerra mondiale.
I precedenti, cioè l’enorme debito pubblico tedesco accumulato dalla Germania dopo la prima guerra mondiale e inasprito dalle vessatorie misure imposte ai tedeschi, consigliavano di non ripetere l’errore. Troppo fresco era il ricordo della fine della Repubblica di Weimar e della conseguente, disastrosa affermazione del nazismo. A Londra fu stabilito, quindi, che il debito pregresso fino al ’33 andava onorato subito, ma a tali condizioni di vantaggio che praticamente e a interessi così bassi che praticamente fu dimezzato. Spiega ancora lo storico tedesco Ritschl, interpellato dal Sole 24 Ore, che un miracolo che favorì la Germania, fu l’aver messo il secondo capitolo del debito insieme alle riparazioni per la guerra scatenata da Hitler e spostato nel tempo “in correlazione con la riunificazione tedesca”.
A opporsi strenuamente fu la Grecia: la stessa Grecia che ora, per confutare l’atteggiamento rigorista sui disastrati conti pubblici di Atene e sulle manovre lacrime e sangue imposte ai suoi governi, ricorda la lungimiranza con cui nel ’53 di fatto fu cancellato il debito tedesco. Nemesi storica, contrappasso economico: Atene allora non voleva credere al “pagherò” differito alle calende greche con cui gli Usa risolsero il problema tedesco, anzi avviandone la strepitosa rinascita.
Nei corsi e ricorsi storici dei rapporti greco-tedeschi, per nulla ispirati al grande amore che impose la cultura, lo stile, l’estetica neoclassica dalle rupi alemanne a tutta l’Europa, bisogna segnarsi un’altra data, un altro momento dello sdoppiamento della verità a seconda della convenienza. Quando nel 1990 maturò improvviso ma inevitabile il processo di unificazione tedesca venne a scadenza anche quel famoso “pagherò”. All’epoca fu stimato, quel debito enorme, in circa 90 miliardi nazisti del ’44, grosso modo un anno di Pil. 46 anni dopo un anno di Pil tedesco valeva diciamo 1500 miliardi di dollari.
Chi bussò ancora una volta alla porta di Brandeburgo esigendo il dovuto? Solo Atene che come nel ’53 vide frustrate le sue richieste. Nel passaggio giuridico che formalizzò la riunificazione tra Germania Federale e Repubblica Democratica Tedesca del London Agreement non vi è traccia. “Tanto basta per considerare nullo il debito pregresso”, ricorda Ritschl e d’altra parte il Cancelliere Kohl lo aveva detto chiaramente: “Una richiesta del genere non è sostenibile dalle casse di Berlino”.
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