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Giornalisti italiani, previdenza e compensi. Punto e a capo: paradossi

di Emiliano Condò |27 Luglio 2015 8:43

Giornalisti italiani, previdenza e compensi. Punto e a capo: paradossi

ROMA – I giornalisti italiani sono sempre capaci di stupire, non solo con i loro articoli (parafrasando: è del giornalista il fin la meraviglia) ma anche con il modo in cui gestiscono i loro interessi di categoria. La componente sindacale Punto e a capo anticipa che il Consiglio di amministrazione di Inpgi, l’Istituto di previdenza della categoria, e il collegio sindacale, lunedì 27 luglio si ridurranno i compensi del 10%, trascurando il fatto che a una parte almeno dei pensionati Inpgi gli stessi vogliono dare un taglio del 20%.

La stessa Punto e a capo riferisce “il paradossale caso del Comitato amministratore di INPGI/2: almeno due dei 5 giornalisti componenti hanno chiesto e ottenuto, in caso di totale assenza di reddito nell’anno precedente, la cifra intera dell’indennità, pari a 43.105 euro; esattamente la somma corrisposta nientemeno che all’attuale vicepresidente vicario Paolo Serventi Longhi.
Carlo Chianura, esponente di Punto e a capo, ha scritto:

“I tagli non possono essere orizzontali e soprattutto devono essere più equi. A meno di non voler scadere nella demagogia.

Vediamo i particolari. Come si evince anche dalla ultima relazione della Corte dei conti, a pagina 20, i compensi degli organi amministratori risentono di un delta tra la figura apicale del presidente e quella degli altri amministratori. In particolare, al presidente spetta l’indennità integrale di 255.728 euro, cui si aggiunge “una forma di ristoro per il pregiudizio economico e previdenziale derivante dagli effetti della sospensione del rapporto di lavoro” (mancato versamento del Tfr e dei contributi previdenziali da parte dell’azienda di provenienza), quantificato in circa 52.000 euro annui. A questa cifra si unisce la contribuzione Casagit per altri circa 8.000 euro.

Diversa è la situazione degli altri amministratori. In base a una delibera del 2009, approvata dal Consiglio generale pro-tempore, il vicepresidente vicario e i consiglieri di amministrazione titolari di un rapporto di lavoro rinunciano al 50 per cento del compenso previsto, ricevendo una indennità che varia tra i 26.161 euro (i consiglieri) e i 43.105 euro lordi annui (il vicepresidente vicario). A questi compensi si uniscono quelli del presidente del collegio sindacale (59.880), dei sindaci ministeriali (51.493), dei sindaci giornalisti (26.161).

Veniamo ora alla delibera che sta per essere approvata dal Cda Inpgi sui compensi. Il documento farà correttamente riferimento alla gravissima crisi economica che sta attraversando il sistema della informazione, con le ovvie, conseguenti e più volte denunciate da Puntoeacapo ricadute sui bilanci di esercizio dell’Istituto. In conseguenza di ciò, è necessario lavorare costantemente a una riduzione della spesa dell’Istituto.

Quale migliore occasione per decidere se non la riunione in cui dovrebbe essere approvata la riforma previdenziale? Per questo il Cda sottoporrà al prossimo Consiglio generale la proposta di una riduzione pari al 10% delle indennità di carica attualmente percepite da tutti gli organismi amministratori e dal collegio dei sindaci.Ora, pur riconoscendo la diversa qualità e quantità di impegno e di responsabilità tra la figura del presidente e quelle di tutti gli altri amministratori, appare di tutta evidenza la distanza tra i vari compensi, considerando che un consigliere di amministrazione, con le medesime responsabilità di fronte alla legge, ha una indennità pari a un decimo rispetto a quella del presidente.

Del tutto paradossale appare poi la vicenda del comitato amministratore di Inpgi 2, formato da 5 giornalisti. Pur avendo un impegno e una responsabilità assimilabile a quella di un consigliere generale (che riceve un gettone di presenza di 80 euro in occasione delle due riunioni annuali del Consiglio) i componenti del comitato Inpgi/2 incassano una indennità di 21.850 euro, superiore a quella di un consigliere di amministrazione di Inpgi/1 che, per usare un eufemismo, ha qualche grattacapo in più. Non basta. Poiché la citata delibera del 2009 prevede anche per gli amministratori di Inpgi 2 che in caso di totale assenza di reddito nell’anno precedente si ha diritto alla cifra intera della indennità (e non a quella ridotta del 50 per cento), almeno due componenti hanno chiesto e ottenuto la somma integrale, pari a 43.105 euro: esattamente la somma corrisposta nientemeno che all’attuale vicepresidente vicario Paolo Serventi Longhi; circa quello che spetta non a uno ma a due componenti del consiglio di amministrazione di Inpgi 1.

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Una misura dunque opportuna, equa e non demagogica richiederebbe che, insieme al giusto contributo minimo del 10 per cento per ciascun amministratore, ci fossero misure diverse che puntassero per prima cosa a ridurre l’anomalia del compenso del presidente rispetto all’attuale rapporto 1:10 rispetto ai consiglieri.

Per seconda cosa si dovrebbe eliminare l’inaccettabile situazione di componenti del Comitato Inpgi/2, chiamati ad amministrare pensioni future spesso non più cospicue di qualche centinaio di euro al mese, che guadagnano quanto un vicepresidente vicario dell’Inpgi o quanto due consiglieri di amministrazione, o anche quanto uno.

Queste proposte sono state avanzate da Carlo Chianura, consigliere di amministrazione di Inpgi Futuro nonché portavoce di Puntoeacapo, al presidente dell’istituto Andrea Camporese, che in merito ha promesso una riflessione approfondita e responsabile. Ci auguriamo anche fruttuosa.

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