Governo Letta, Fabrizio Saccomanni: “Meno tasse, più crescita”

ROMA – “Meno tasse, più crescita”: è la ricetta del nuovo ministro all’economia, Fabrizio Saccomanni. In un colloquio con Elena Polidori di Repubblica il direttore generale di Bankitalia esprime la sua gratitudine al “presidente del Consiglio e al Capo dello Stato per la fiducia”. Il Capo dello Stato, appunto: pare che il nome di Saccomanni sia stato “blindato” proprio da Giorgio Napolitano, che l’ha voluto nonostante piacesse ben poco a Silvio Berlusconi. Ci voleva un personaggio noto all’estero che avesse anche il pieno sostegno della Banca d’Italia.

Saccomanni ha già le idee molto chiare: vuole puntare sulla crescita, coinvolgere le banche, le imprese e i consumatori in un grande “patto” per cercare di cancellare il “fattore di incertezza psicologica” che ha portato al crollo degli investimenti, dei prestiti e dei consumi.

Per fare questo, spiega Saccomanni a Repubblica, ci vuole “una ricomposizione della spesa” con una “impostazione di tipo politico” che “solo un governo può dare”. Quindi più sostegno alle imprese e “alle fasce deboli della popolazione” per mezzo di una “ricomposizione del bilancio pubblico”, un taglio della spesa corrente e un contenimento della pressione fiscale, cioè meno tasse. L’obiettivo è (anche) far scendere lo spread sotto quota 100 “e anche meno”. Secondo il neo-ministro l’Italia sta meglio di altri Paesi ma non cresce.

Classe 1942, una vita spesa inBanca d’Italia fino alla poltrona di direttore generale, il nuovo responsabile dell’Economia è consapevole di doversi muovere lungo un sentiero stretto. (…) Ma anni e anni di lavoro sullo scacchiere internazionale come “sherpa” per le tuttequestioni-chiave, possono tornargli molto utili. E’ stato lui, per dire, a disegnare i confini tecnici del Trattato di Maastricht, l’architrave su cui si basa l’unione monetaria, dove basta un aggettivo per cambiare radicalmente il senso delle cose. Per l’Italia, ad esempio, risultò cruciale quel ‘tendere’ al 60% di debito-Pil sui cui battagliò Carli, a quei tempi. Sempre a lui è toccato gestire il delicato passaggio dalla lira all’euro — c’era Ciampi, in quella fase — con tutto l’armamentario tecnico che ha comportato, dal funzionamento del sistema dei pagamenti fino ai bancomat, che in 24 ore dovevanosfornare la nuova moneta. Sempre lui teneva i contatti con Padoa-Schioppa, quando l’amico di sempre sedette per primo nel board dell’Eurotower: anzi, in qualche maniera gli cedette il posto, nel defatigante negoziato notturno dei big europei, riuniti a Bruxelles per definire l’assetto di vertice dellaneonata istituzione. Anche alla Bers è di casa. E pure al Fmi, dove è stato per cinque anni, fino al 1975. Ai G7 come al G20 poi, è sempre presente. E giusto in queste settimane sta coordinando i tanti, delicatissimi passaggi che un domani assai prossimo vedranno concentrati nelle mani della Bce tutti i po-teri di vigilanza bancaria per l’intera Ue.

Laurea alla Bocconi, master alla Princeton University, per lavoro e per carattere, Saccomanni è capace a darsi un metodo e di assumersi le responsabilità. Conosce l’arte del banchiere centrale, ma soprattutto, sa negoziare. Ama il cinemae la musica classica. Scrive poesie in dialetto romanesco e cita a memoria i sonetti del Belli. Draghi lo avrebbe voluto governatore al suo posto. Poi nel gioco dei veti incrociati è prevalso Visco che lo stima e lo ha da poco riconfermato nell’incarico a palazzo Koch. Ora dovrà sostituirlo. Se prevarrà la soluzione interna, in pole position c’è Salvatore Rossi, il più “anziano” dei vicedirettori, selezionato da Napolitano nel club dei “saggi” o “facilitatori” che hanno fatto l’istruttoria per il nuovo governo. Saccomanni è rientrato a Roma ieri sera. Oggi il giuramento.

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