Berlusconi, Tremonti e il grande inganno delle tasse

Pubblicato il 1 Giugno 2011 - 10:19 OLTRE 6 MESI FA

Eppure Berlusconi non torna indietro, ha imboccato la strada delle promesse, con apparente noncuranza di quello che gli accade intorno. Perde le elezioni, i suoi avversari mugugnano, chiedono riflessioni e Berlusconi si limita a dire “zero problemi, si va avanti”. Solo due settimane prima, a proposito delle amministrative aveva parlato di test politico fondamentale. Poi arrivano dati economici preoccupanti, la necessità di una manovra da 40 miliardi e Berlusconi fa semplicemente finta che non esista. Promette meno tasse e lascia a Tremonti il compito di fare il “lavoro sporco”, quello di semplice rapporto con la realtà dei fatti e del bilancio. Anche il “gelo”, il “clima da far west” e la “resa dei conti” tra Berlusconi e Tremonti di cui tanti giornali scrivono sembra essere un piccolo bluff. La realtà è che Berlusconi sta lì per metterci la faccia e portare i voti e Tremonti sta lì per far quadrare i conti e inventarsi le risorse per provare a “regalare” una piccola parte di quanto promesso. Il presunto “gelo” fa parte di un gioco delle parti. Almeno per ora.

Poi Berlusconi sale al Quirinale e parla con il presidente della Repubblica allo stesso modo con cui spesso si rivolge ai suoi elettori, per metafore calcistiche: “Abbiamo subito un gol (le ultime elezioni, ndr), ma siamo ancora avanti quattro a uno perché avevamo vinto le politiche, le regionali, le europee e le amministrative. E abbiamo ancora due anni di governo”. Peccato che il calcio e la politica hanno una cosa in comune, l’assenza di memoria: il risultato su cui si fanno analisi, commenti e valutazioni è sempre l’ultimo. E il risultato delle amministrative dice che la strategia delle promesse a oltranza funziona, nonostante qualche mal di stomaco, con il manipolo di “Responsabili” e non con gli elettori.

La parabola dell’ultimo Berlusconi ha un che di tragico proprio nel suo labile rapporto con la realtà dei fatti. Il governo si sgretola ma “ci sono zero problemi”, servono 40 milioni ma si abbassano le tasse. E mentre Berlusconi promette, Mario Draghi nel giorno del passaggio da Bankitalia alla Bce, racconta una storia completamente diversa. Spiega che l’Italia, con la crisi (la stessa di cui si dice che ci ha solo sfiorato, che è finita e che ne siamo usciti bene), ha perso sette punti di pil e ne ha recuperati solo due.  Quindi spiega che per stare entro i parametri europei serve una manovra da 40 miliardi entro il 2013. Quindi attacca il suo “nemico preferito”, Giulio Tremonti e la strategia dei “tagli lineari”. Detto in modo semplice significa che il ministro dell’Economia, fino a oggi, per risparmiare ha tagliato semplicemente una percentuale di spesa. Sistema sulla carta comodo perché evita l’onere della valutazione voce per voce dei capitoli di spesa. Per Draghi, però, questo è un sistema che alla lunga rischia di costare 30 miliardi, più o meno due punti di pil.

Che Draghi abbia ragione o torto rimane il dato di un’altra spina nel fianco del Governo, motivo forse non estraneo alla sua candidatura in Bce. Uno così, devono aver pensato Berlusconi e Tremonti, meglio averlo “fora dai ball”. Lo hanno considerato un “problema” da accantonare per affrontare quelli “reali” come, ad esempio, la “dittatura dei giudici di sinistra”. La scena è di pochi giorni fa: stanno per iniziare i lavori al G20 e Berlusconi, in barba al protocollo, si alza e raggiunge Barack Obama. Gli deve parlare di una questione pressante, il più grande problema italiano, le toghe rosse. Ricorda un po’ la scena del film “Johnny Stecchino” in cui il mafioso spiega a Roberto Benigni che il più grande problema di Palermo è il traffico. Attenzione, però, a dare Berlusconi per finito: anche a terra è capace di un colpo di coda. Dal milione di posti di lavoro all’abolizione dell’Ici passando per il bollo auto, il presidente del Consiglio ha sempre tirato fuori il coniglio dal cilindro.