Grande Rapina evasione contro odiosa rapina patrimoniale. Arbitro Berlusconi, risultato scritto

ROMA – C’è stata l’anno scorso in Italia una “Grande Rapina”, il titolo non è nostro ma di Avvenire, quotidiano dei vescovi italiani. Solo una parte del bottino è stato individuato: 50 miliardi di euro. Individuato, per recuperare la refurtiva ci vorrà molto tempo, pazienza e robusti sconti. Cinquanta miliardi di evasione fiscale, solo quella individuata dalla Guardia di Finanza. La Rapina è più Grande: il bottino complessivo si stima a 200 miliardi. Partecipano attivamente alla Rapina quelli che non dichiarano un euro di reddito al fisco, la Guardia di Finanza ne ha trovati in un anno 8.850 e tutti con reddito di centinaia di migliaia di euro. La Banda della Grande Rapina è poi composta da quelli che i soldi li nascondono all’estero e questo nonostante il fisco italiano abbia fatto pagare il rientro e la pulizia dei capitali illegali con una tassa del solo cinque per cento. Ingrossano la Banda quelli che chiedono aiuti pubblici per pagare l’affitto e in garage hanno due, tre auto da cinquanta e centomila euro (succede in Veneto”, quelli che si fanno dare buoni mensa per indigenti mentre spendono per acquisti decine di migliaia di euro (succede e Firenze) e quelli che si fanno esentare dal ticket sanitario essendo proprietari di 90 appartamenti (succede in Calabria). E’ grande la Banda della Grande Rapina: colpisce ogni anno su tutto il territorio nazionale. Ma a denunciare e combattere la Grande Rapina in Italia non si vincono e non si perdono le elezioni. La Grande Rapina non fa paura, l’intera società italiana la considera un inevitabile “pizzo” da pagare alla grandissima Banda degli evasori.

Ci potrebbe poi essere un’altra “Rapina”, così almeno l’ha definita la maggioranza di quelli che hanno risposto ad un sondaggio di Blitz sul nome da dare ad una tassa sulla rendita immobiliare. E così si può star sicuri la definirebbe la maggioranza degli italiani interrogati sull’ipotesi di una tassa sul patrimonio. La “patrimoniale” non arriva ogni anno, l’ultima volta fu nel 1992, quando l’Italia era in bancarotta reale e non solo verbale. La “patrimoniale” i governi la impongono in situazioni di emergenza, quando le casse pubbliche sono alla disperazione. Per ora la “patrimoniale” non c’è e non è detto che ci sarà. E’ una Rapina da 40 miliardi ogni quarto di secolo se arriva, un quinto della Grande Rapina annuale dell’evasione fiscale. Ma è una Rapina che se ne parli perdi le elezioni e se la stampi addosso all’avversario politico in Italia le elezioni le vinci.

Quindi si è cominciata a giocare la partita: Evasione contro Patrimoniale. Arbitra Silvio Berlusconi, risultato già scritto. La patrimoniale non arriverà, non quest’anno almeno. Ma sarà la regina della campagna elettorale se quest’anno si vota. Perchè di patrimoniale ha parlato Veltroni e poi anche Amato e Veltroni e Amato sono di sinistra. In verità di patrimoniale aveva parlato per primo Tremonti anche senza pronunciare la maledetta parola e di patrimoniale parla senza rendersene conto e senza che nessuno se ne accorga, a partire da lui stesso, anche Berlusconi. Quando Tremonti, che sa quel che dice, va in Europa a dire e rivendicare che l’Italia ha tanto risparmio privato che fa da contrappeso al debito pubblico, offre appunto il patrimonio del risparmio privato come garanzia che l’Italia potrebbe sempre pagare il suo enorme debito pubblico. Garanzia vuol dire che se lo Stato non ce la facesse più a pagare, il risparmio privato impedirebbe il default, cioè la bancarotta. E come fa il risparmio privato a far da garanzia? Per via fiscale ovviamente. Tremonti dice all’Europa e ai mercati: fidatevi del nostro debito pubblico, abbiamo una montagna di risparmio privato che può pagarlo in caso di estrema necessità. Se non è la zuppa della “patrimoniale” è il pan bagnato della “garanzia”. E Berlusconi dice la stessa cosa, anche se probabilmente non sa quel che dice, quando indica il 120 per cento di Pil di debito pubblico come cifra “bugiarda” perché c’è appunto in Italia la ricchezza privata che equilibra e garantisce.

Arrivasse in Italia una “patrimoniale”, presenterebbe problemi di fattibilità ed equità. Primo tra tutti: la pagherebbero di sicuro quelli che le tasse già le pagano. Alla patrimoniale sfuggirebbero probabilmente le proprietà immobiliari intestate a società e non a persone fisiche. Sul campo la patrimoniale subirebbe la supremazia territoriale dell’evasione. E poi la patrimoniale sarebbe una scommessa: 40 miliardi per mantenere l’attuale livello di spesa pubblica non sono un buon affare, si mette mano nella cassa privata mentre la mano pubblica resta bucata. Ci vorrebbe la garanzia che con quei 40 miliardi si realizzano infrastrutture, strade, ferrovie, centrali energetiche, banda larga. E si realizzano senza finanziarie gli affari di cricche e mafie degli appalti. Ci vorrebbe la certezza che con quei 40 miliardi si detassano salari e investimenti. Garanzie e certezze che dovrebbero essere strette nelle mani improvvisamente forti e salde di una politica che ha mani deboli e tremanti. Scegliere la patrimoniale è arduo e quasi impossibile. Un po’ come scegliere di far detrarre dall’imponibile fiscale quanto paghiamo all’idraulico o al dentista esigendo la ricevuta e obbligando chi la deve rilasciare per forza a pagare le tasse. Lo Stato non sa, non è in grado di calcolare quanto ci perde in gettito di chi detrae e quanto ci guadagna in gettito da chi emette ricevuta. E se poi i due si mettono d’accordo? A quale livello la detrazione è tanto conveniente per chi detrae da convincerlo a esigere sempre ricevuta e non tanto sconveniente per il fisco? Lo Stato non sa, quindi non osa. Ma la patrimoniale, impossibile o quasi da scegliere, potrebbe essere lei a “scegliere” l’Italia.

Non si può vivere a lungo con il 120 per cento del Pil di debito pubblico. Presto, molto presto, già a marzo l’Europa chiederà di abbassare il debito. Non per un anno ma per cinque, al ritmo da riportare quel 120 almeno sotto quota cento. E allora diminuire la spesa pubblica? In Italia non si fa, l’Italia non vuole e quando un poco si fa l’Italia si ribella. L’Italia della “gente” prima ancora che quella della politica. Niente diminuzione di spesa, se non quella futuribile del federalismo che per giunta parte con pioggia diffusa di nuove tasse territoriali. Niente nuove tasse, men che mai sul patrimonio che è Rapina e Berlusconi la impedirà. Berlusconi che propone al paese la “frustata”. Si prende l’articolo 41 della Costituzione. C’è scritto: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. La legge determina i controlli opportuni perchè l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. Si prende l’articolo della Carta e lo si cambia stabilendo che si può fare tutto e si controlla dopo. Ci si aggiunge la lotta alla burocrazia e uno sgravio fiscale per chi investe al Sud. E’ la “frustata” dopo la quale il Pil italiano, la ricchezza prodotta, si triplica, schizza e scatta “al 3/4 per cento in quattro anni” mentre ora è prevista, anche dal governo all’uno virgola…per il prossimo biennio. Se questa è la “frustata”, prima o poi la patrimoniale ci “sceglie”, anche se preventivamente ne bruciamo il fantoccio e l’immagine in campagna elettorale.

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