ROMA – Chi presta soldi all’Italia vuole più del 6%: il 6,11%, per l’esattezza, è il tasso d’interesse al quale sono stati venduti i Btp decennali. Lo spread, il divario di rendimento con i bund tedeschi ha raggiunto il picco di 408 punti, 54 in più dei bonos spagnoli, che già non stanno messi bene. Piazza Affari, con l’indice Ftse Mib che ha perso il 3,40%, è stata la peggiore delle borse europee, tutte negative del resto. E’ il bilancio di un lunedì nero, che segue ad altri venerdì neri e giovedì e mercoledì. E che precederà altri brutti temporali dei mercati, tante tasse sull’incertezza da pagare alla crisi dei debiti pubblici che è partita da Atene e che rischia di arrivare fino a Washington.
Il “muro salva-Stati” (Efsf, European financial stability facility)che l’Europa sta faticosamente costruendo rischia di non reggere l’urto con la montagna del debito che frana. Italia e Spagna sono a un passo dal “punto di non ritorno”, ovvero dal 7% di interessi sui titoli di Stato superato il quale c’è il default, soglia oltre la quale si entra nel circolo vizioso in cui ci si indebita (troppo) per pagare i (troppi) debiti. L’Italia ha 1.900 miliardi di euro di debito: ogni punto in più di interesse da pagare pesa quanto una manovra economica. Ma d’altro canto nessuno vuole prestare soldi al nostro Paese, se non a tassi alti, perché non ispiriamo fiducia.
Forse allora ne ispira di più l’Europa, che infatti al G20 di giovedì 3 si presenterà con il cappello in mano. Il muro salva-Stati, per reggere, ha bisogno di 1.100 miliardi di euro. L’Europa ne ha messi 300, gli altri li deve trovare, facendo da piazzista di se stessa. Andando a battere cassa non tanto agli inguaiati e indebitati Stati Uniti, quanto ai “Bric-chi” paesi emergenti: Brasile, India e Cina in particolare. I cinesi già detengono 500 miliardi di bond europei, nonché una grossa fetta del debito pubblico americano: circostanze che li candidano al ruolo di strozzini del villaggio globale.
Il Fondo poi ribattezzato “muro” salva-Stati serve per prestare soldi al 3-4% di interesse a Italia e Spagna, un tasso basso per ridare fiato a due Paesi “too big to fail” ma anche “too big to be saved”. Due Paesi che se falliscono si tirano dietro tutti i loro creditori che sono tutti i cosiddetti grandi della Terra. Sarebbe la montagna del debito che frana, appunto.
La Grecia era il nubifragio in cui si stanno bagnando in tanti: quelli che avevano bond greci, che si vedranno ripagato la metà del loro investimento (lo chiamano “haircut”, serve a tagliare il debito di uno Stato che non ce la fa); e quelli che si sono assicurati contro il fallimento greco: l’ultima notizia è che i Credit default swap non saranno pagati, perché il patto fra banche e Ue che fissa l'”haircut” dei bond greci al 50%, quota da fallimento, è “volontario” secondo l’Isda, l’autorità che decide sui derivati.
E allora al G20 di Cannes, il 3 e 4 novembre, sulla Croisette tutti i riflettori saranno puntati sull’Europa, una vecchia sciantosa a caccia di contanti.