VANCOUVER – Nuovo colpo a Huawei, il colosso cinese delle telecomunicazioni già accusato da Stati Uniti e altri Paesi di cyberspionaggio: la direttrice finanziaria del gruppo, Meng Wanzhou, è stata arrestata in Canada, a Vancouver, dalle autorità locali, su richiesta Usa, e adesso rischia l’estradizione negli Stati Uniti, dove è in corso un’indagine per accertare se il colosso cinese abbia violato le sanzioni all’Iran.
Meng, che è anche il vicepresidente del Consiglio di amministrazione di Huawei, è stata arrestata lo scorso primo dicembre, lo stesso giorno in cui il presidente cinese, Xi Jinping, e il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, si incontrarono a margine del G20 di Buenos Aires per raggiungere una tregua sulle tensioni sul commercio che dividono Cina e Stati Uniti. Meng è ora in attesa dell’udienza, prevista per la giornata di domani.
Meng Wanzhou è la figlia del fondatore del gruppo, Ren Zhengfei, ex ingegnere dell’esercito di Liberazione Popolare cinese. Meng aveva iniziato a lavorare come segretaria per Huawei nel 1993, molto prima che il gruppo diventasse il gigante delle telecomunicazioni che è oggi. La donna, 46 anni, aveva abbandonato gli studi alle superiori, ed era rimasta nell’ombra a lungo: aveva iniziato ad acquisire visibilità solo nel 2011, fino a diventare uno dei volti più noti del gigante tecnologico, oggi al centro delle preoccupazioni di sicurezza informatica a livello internazionale, e sotto attenta osservazione da parte delle autorità statunitensi per presunte violazioni dell’embargo contro l’Iran.
Nel profilo dedicatole oggi dal quotidiano canadese The Globe and Mail, Meng viene ricordata per un’apparizione in un panel di discussione a fianco dell’ex governatore della Federal Reserve, Ben Bernanke, e per un discorso tenuto nel 2016 alla prestigiosa università Tsinghua, nel quale aveva evidenziato le potenzialità del gruppo per i giovani talenti. Nel discorso aveva citato come riferimenti culturali anche Albert Einstein, Isaac Newton e Fridrich Nietzsche. La sua storia si intreccia con il progresso vissuto dalla Cina negli ultimi quaranta anni.
Meng si era trasferita a Shenzhen, nel sud-est del Paese, nei primi anni Ottanta, all’inizio dell’epoca di riforme e aperture del sistema cinese, e aveva adottato il cognome della madre. Dopo l’abbandono degli studi aveva lavorato in banca per circa un anno, prima di passare all’azienda fondata dal padre, in un momento di intenso fervore nella sua città, simbolo del cambiamento apportato dalle riforme varate dall’allora leader, Deng Xiaoping.
Nel gruppo ha gestito la supervisione dei centri dei servizi globali, compito che l’ha resa uno dei volti dell’internazionalizzazione di Huawei, che oggi conta 180mila dipendenti in tutto il mondo. “Meng è per nascita e per posizione un membro della creme aziendale della Cina” e il suo arresto “verrà visto come un chiaro segnale che il Canada è pronto ad affrontare la furia della Cina nel fare la cosa giusta”, ha commentato al quotidiano canadese l’ex ambasciatore canadese in Cina, David Mulroney.
L’arresto della dirigente ha già destato le prime reazioni in Cina tra gli esperti del settore delle telecomunicazioni. “Huawei è diventata un ostaggio nella guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti“, ha commentato il Ceo del sito web di news sull’industria delle telecomunicazioni cctime.com, Xiang Ligang, citato dal tabloid Global Times, uno dei più influenti giornali cinesi.
La notizia dell’arresto di Meng ha accolto al ritorno in Cina da un lungo tour il presidente Xi Jinping, giunto a Pechino nella tarda mattina di oggi, 6 dicembre: proprio ieri, a Lisbona, Xi aveva presenziato alla firma di 17 accordi di cooperazione bilaterale tra Cina e Portogallo, tra cui uno relativo allo sviluppo delle reti 5G nel Paese, in cooperazione tra Huawei e la multinazionale Altice.