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I tormenti di Giorgia, da Tajani a Mps, dal superbonus a Mantovano: per Meloni 30 giorni al mese di polemiche

I tormenti di Giorgia, Ci sarà mai pace in questo tormentato paese che è l’Italia? Intendiamoci: non parliamo del conflitto in Ucraina che dà del filo da torcere anche a noi.

Quella su cui vogliamo riflettere è la discordia politica che non ha mai fine. Per trenta giorni al mese. Si litiga su tutto, ogni pretesto è buono per gettare fango sull’avversario che molti definiscono nemico. Perché? Per quale ragione maggioranza e opposizione non riescono a trovare un “quid” che possa finalmente unire gli uni e gli altri?

Eppure nei Palazzi, questa è la norma assai diffusa che l’opinione pubblica non capisce tanto che si  allontana sempre di più da quel feeling che dovrebbe esserci tra popolo e parlamentari.

Ora, ad esempio, è guerra aperta sul superbonus voluto espressamente dai 5Stelle. Una legge spazzata via dall’attuale esecutivo che costerà alle casse dello Stato ben 100 miliardi di euro. Avrebbe dovuto essere la panacea di tutti i mali con un aumento della occupazione e il rifiorire della crisi edilizia. Invece quel 110 per cento da rimborsare a chi aveva gradito un simile “guadagni” adesso fa piangere il bilancio dello Stato.

Si rincorre una qualsiasi idea per andare alla ricerca di qualcosa che possa mettere in difficoltà chi la pensa in modo diverso. Non solo fra gli esponenti di opposte fazioni, ma anche tra coloro che dovrebbero avere una unità di intenti.

Così è per quanto riguarda il Monte dei Paschi di Siena come per la tassazione sui redditi extra profitti delle banche (“incomprensibili o quasi”) . Tra Meloni e Tajani c’è un battibecco continuo a cui si è unita oggi pure la Lega di Matteo Salvini. Si insinua l’invidia tra gli uomini (o le donne) di uno stesso partito. C’è chi brilla di una nuova luce e chi vorrebbe far lo sgambetto al preferito, magari del presidente del Consiglio.

Parliamo di Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio che molti definiscono “uomo ombra” di Giorgia Meloni. “Lui domina e noi dobbiamo sudare le proverbiali sette camicie per avere un colloquio con la premier”, sostengono i “dimenticati”. 

Naturalmente, pure sul fronte opposto c’è maretta soprattutto da quando Elly Schlein è diventata il segretario del Pd. Una sterzata a sinistra che ai vecchi dem non è piaciuta affatto e che continuano a combattere un giorno si e l’altro pure.

“Lei è ondivaga sul nostro aiuto all’Ucraina che oggi non vorrebbe dare più”, dicono i suoi oppositori. “Ci deve dire con chiarezza dove vuole andare a parare”. E’ ovvio e comprensibile) che la divergenza ci sia sui grandi temi che affliggono il Paese.

Ad esempio sul patto di stabilità che nel 2004 entrerà in vigore nonostante le critiche e i distinguo. Al riguardo, però, Paolo Gentiloni, commissario europeo per gli affari economici è stato netto. “O ci sarà l’accordo o si tornerà all’antico”, ha spiegato. 

A tutto questo bailamme se ne aggiungono altri due che dimostrano quanto sia difficile governare.

Uno; la strage di Ustica che Giuliano Amato ha voluto addossare unicamente ai francesi. Dopo 40 anni quando nel 2001 sotto giuramento  aveva espresso una opinione diversa (su cui la Meloni puntualizza che ci vogliono a tal proposito elementi concreti).

Due: il solito braccio di ferro sul libro del generale Vannacci. E’ vero o non vero che la metà degli italiani sono d’accordo con lui?

Poteva mancare alla fine un inserimento di Matteo Renzi nel  continuo battibecco? Si dice che voglia essere da una parte e dall’altra senza che nessuno gli dia retta. S’offre, commenta chi non lo gradisce.  Quell’apostrofo non ha bisogno di ulteriori spiegazioni.

 

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