Il Fisco perde più di metà contenziosi col contribuente: ricorrere paga (tardi)

Il Fisco perde più di metà contenziosi col contribuente: ricorrere paga (tardi)
Il Fisco perde più di metà contenziosi col contribuente: ricorrere paga (tardi)

ROMA – Il Fisco perde più di metà contenziosi col contribuente: ricorrere paga (tardi). Nel 2013 si registra una diminuzione del 3% (-7.937) dei ricorsi complessivamente pervenuti alle Commissioni tributarie, che sono passati da 264.751 nel 2012 a 256.814 nel 2013. Lo comunica il ministero dell’Economia aggiungendo che la riduzione ”è dovuta principalmente al minor numero, in termini assoluti, di controversie presentate presso le Commissioni tributarie provinciali; in termini percentuali, il calo dei ricorsi presentati rispetto all’anno precedente è pari a circa il 3% nel primo grado di giudizio (da 209.173 a 202.107), ed a circa il 2% nel secondo grado di giudizio (da 55.578 a 54.707).

Contenziosi, vince più il contribuente del Fisco. Meno contenziosi, dunque, una buona notizia se non si leggesse, nel quadro complessivo fornito dal Tesoro come in realtà fare la guerra al Fisco paga, perché per oltre la metà degli importi sbaglia e il ricorso dà esito favorevole al contribuente. Che però ci metterà anni a recuperare le spese sostenute (quelle legali perché il tempo rubato alla produzione e al lavoro per l’ingiusta accusa di evadere le tasse non te lo restituisce nessuno). Dai dati infatti emerge come nei primi tre mesi del 2014 si sono risolti a favore del contribuente contenziosi tributari del valore di 3,6 miliardi di euro, contro i 3,5 miliardi di valore associato ai contenziosi il cui giudizio di merito ha dato ragione alla Agenzia delle Entrate.

Quando il contenzioso fa chiudere l’impresa. La diagnosi è impietosa: il male italiano è l’evasione fiscale, ogni anno viene sottratto al fisco qualcosa come 120 miliardi, in pratica ogni euro su quattro pagati è evaso. Ma la cura, l’antidoto rischia di essere peggiore della malattia. La strategia del Fisco anti-evasione non funziona se si risolve per più di metà cause in tempo perso e false accuse. Oppure è addirittura letale quando il Fisco pretende di sequestrare preventivamente i beni dell’impresa sulla base di indizi generici suffragati da una ipotesi di reato penale (una norma introdotta da Tremonti). In questo caso, senza accedere a fonti di sostentamento, con le banche che bloccano il credito, prima di arrivare a dimostrare la propria innocenza (un caso su due almeno) l’impresa ha già chiuso.

Fisco-contribuente, guerra asimmetrica. Se ha ragione il contribuente rivedrà i suoi soldi e le spese legali solo dopo l’ultimo grado di giudizio in Cassazione, in media dopo dieci anni. Se in tribunale ha ragione, il Fisco ha diritto a un terzo della somma in gioco subito, a un terzo dopo il primo grado e al saldo in appello. Senza contare che per far causa al Fisco, lo Stato pretende un’altra tassa (come chiamarla?), cioè un “contributo unificato” di 4500 euro (pochi anni fa erano solo 150 euro).

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