Il governo “frena” sul tetto degli stipendi ai manager pubblici. Decreto rinviato

Pubblicato il 10 Settembre 2009 - 10:17 OLTRE 6 MESI FA

Berlusconi “frena” Brunetta sulla proposta di fissare un tetto agli stipendi dei manager pubblici. Il progetto, all’esame del Consiglio dei Ministri, è slittato.

L’esame preliminare, come ha riferito il ministro per l’attuazione del programma, Gianfranco Rotondi, «è stato solo avviato e rinviato alla prossima seduta del Consiglio». Proprio il premier ha liquidato la questione con una battuta: «Meglio non farci altri nemici».

Il decreto, che era stato ideato dal governo Prodi, viene presentato dal Ministero per la Pubblica Amministrazione di concerto con il Ministero dell’Economia.

E sembra che proprio da Giulio Tremonti abbia suggerito lo stop e la richiesta di un «supplemento di indagine». A favore del ministro dell’Economia la scuola di pensiero, che circola anch’essa tra alcuni componenti del governo, secondo cui un tetto troppo rigido sulle retribuzioni dei manager pubblici porterebbe i più capaci a trovare sistemazioni nel settore privato.

Il decreto predisposto dal ministro Brunetta, si atteneva ai contenuti della norma base, inserita nella Finanziaria 2008: tetto allo stipendio pari alla retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione, 253.000 euro a cui si aggiungono scatti di anzianità e altre voci per raggiungere i 280.000 euro circa.

La legge prevede poi 25 deroghe per i top manager delle amministrazioni dello Stato, oltre all’esclusione dal tetto per i dirigenti di società a partecipazione pubblica quotate, le Autorità indipendenti e la Banca d’Italia.