Il governo “frena” sul tetto degli stipendi ai manager pubblici. Decreto rinviato
Berlusconi “frena” Brunetta sulla proposta di fissare un tetto agli stipendi dei manager pubblici. Il progetto, all’esame del Consiglio dei Ministri, è slittato.
L’esame preliminare, come ha riferito il ministro per l’attuazione del programma, Gianfranco Rotondi, «è stato solo avviato e rinviato alla prossima seduta del Consiglio». Proprio il premier ha liquidato la questione con una battuta: «Meglio non farci altri nemici».
Il decreto, che era stato ideato dal governo Prodi, viene presentato dal Ministero per la Pubblica Amministrazione di concerto con il Ministero dell’Economia.
E sembra che proprio da Giulio Tremonti abbia suggerito lo stop e la richiesta di un «supplemento di indagine». A favore del ministro dell’Economia la scuola di pensiero, che circola anch’essa tra alcuni componenti del governo, secondo cui un tetto troppo rigido sulle retribuzioni dei manager pubblici porterebbe i più capaci a trovare sistemazioni nel settore privato.
Il decreto predisposto dal ministro Brunetta, si atteneva ai contenuti della norma base, inserita nella Finanziaria 2008: tetto allo stipendio pari alla retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione, 253.000 euro a cui si aggiungono scatti di anzianità e altre voci per raggiungere i 280.000 euro circa.
La legge prevede poi 25 deroghe per i top manager delle amministrazioni dello Stato, oltre all’esclusione dal tetto per i dirigenti di società a partecipazione pubblica quotate, le Autorità indipendenti e la Banca d’Italia.