I furbi investono nelle alghe: questo gruppo assai eterogeneo di antichi organismi vegetali potrebbe salvare il mondo.
Una coltivazione utile per contrastare il cambiamento climatico ma anche per far soldi a palate: le alghe, secondo chi ne capisce davvero di economia green, potrebbero presto trasformarsi nel business del secolo. Piacciono tanto perché sono buone da mangiare. Ma, ovviamente, non solo per quello… Le alghe, secondo la scienza, sono la materia più promettente su cui investire per la rivoluzione green.
Abbiamo a che fare con forme vegetali: organismi autotrofi, unicellulari o pluricellulari, che sanno produrre energia chimica per fotosintesi e generare ossigeno e che possono essere come usate come alimenti, combustibili, concimi, ingredienti per farmaceutica ed erboristeria.
Molte alghe vengono oggi sfruttate nella cucina vegana e in quella macrobiotica (come l’alga nori usata per fare il famoso sushi), o nelle tradizioni culinarie dei Paesi dell’Asia, del Nord Europa e del Sud Italia (in Campania, da secoli si friggono con le zeppolelle). Ci sono poi alcuni organismi marini che sanno produrre dimetil solfuro, una sostanza che condensa le particelle di vapore acqueo provocando la formazione di nubi e combattendo l’effetto serra. E poi ci sono alcune alghe di acqua dolce, che sanno addirittura trasformare con impressionante efficienza l’anidride carbonica in ossigeno.
Ecco perché il mondo produce così tante alghe: nel 2022 la produzione mondiale sfiorava i 180 milioni di tonnellate, oggi si è ben oltre i 250 milioni. Le vendite in Italia stanno salendo da ormai con una media del 10% all’anno. C’entra la produzione alimentare, ma non solo.
L’alga potrebbe essere l’alimento del futuro secondo molti nutrizionisti, perché può fornire proteine chiave da aggiungere alla carne sintetica o ai surrogati vegetali e lipidi per gli oli da cucina e, ancora, acidi grassi omega-3.
L’affare dell’alga concerne anche il comparto agricolo. Si è infatti rivelato utilissima nella fissazione dell’azoto. In più, pare che sia in grado di offrire una discreta efficienza in termini fotosintesi. Ed ecco spiegato il motivo per cui molte colture usano oggi le alghe come fertilizzati o come specie ingegnerizzate per supportare l’agricoltura di base.
L’alga ha anche dimostrato di poter essere utilissima per ridurre l’inquinamento nelle acque reflue e allo stesso tempo per recuperare minerali come il fosforo, che potrebbero essere riutilizzati come componente per fertilizzanti. Inoltre, le alghe potrebbero essere facilmente adattate per creare versioni più sostenibili di composti organici, che attualmente vengono raccolti dall’ambiente marino o per creare le plastiche biodegradabili.
Non è un caso che Amazon stia finanziando con parecchi milioni la creazione di un’immensa area dedicata alla coltivazione di alghe. La prima nel suo genere: si tratta di una coltura situata tra delle turbine eoliche offshore al largo dei Paesi Bassi.
Il colosso americano ci investe sapendo che le alghe hanno un potenziale enorme nell’economia della sostenibilità. Sono il materiale che potrebbe contrastare meglio il cambiamento climatico in virtù della sua capacità di assorbimento della CO2. Secondo Amazon, posizionare le coltivazioni tra le turbine
offshore permette di sfruttare spazio altrimenti inutilizzato per catturare l’anidride carbonica e contrastare il riscaldamento globale.
L’Asia, a oggi, è il principale produttore di alghe, con il 95% della produzione globale proveniente dall’acquacoltura. Tuttavia, anche in Europa stanno sorgendo tantissime coltivazioni, e non a scopo di produzione alimentare. Il business, secondo le previsioni cinesi, salirà a un fatturato da 9 milioni di euro entro il 2030.
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