ROMA – Ilva, Di Maio lancia la trattativa a 62 voci. Il ministro [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play] la inaugura oggi appunto al ministero. Dove intorno al tavolo (quanto lungo?) siederanno in 62. Anzi di più. Perché 62 sono le delegazioni. E ogni delegazione non è che sia composta da una persona sola. Altrimenti che delegazione è? Sessantadue, tutti invitati, chiamati al tavolo da Di Maio.
Il tavolo è, meglio dire sarebbe, quello su cui Arcelor Mittal che sta comprando Ilva doveva illustrare di quanto migliorava la sua proposta di acquisto. Sia riguardo ai tempi del risanamento ambientale, sia riguardo a quanti dei 14 mila addetti riassorbire in produzione (i restanti in cassa integrazione, ammortizzatori sociali, buonuscita e attività collaterali legate appunto al risanamento ambientale).
Dunque un posto dei 62 per Arcelor Mittal. E uno per il governo che su Ilva dovrebbe decidere che farne. Che farne di Ilva, della vendita, della acciaieria, della siderurgia italiana, delle migliaia di lavoratori. E posti al tavolo per i sindacati. E posti al tavolo per la Regione Puglia, il sindaco di Taranto. E posti per altri sindaci i cui Comuni sono coinvolti. E posti per tecnici e consulenti. Finanziari, sanitari, commerciali. In tutto venti sedie, venti posti. Facciamo trenta?
E come si arriva a 62? Invitando al tavolo della trattativa comitati, qualunque comitato. Anche comitati che si sono auto nominati comitati. E associazioni. Associazioni di tutto. Chiunque abbia messo bocca, magari via social, su Ilva. Chiunque abbia messo insieme una decina di persone sotto una sigla. Una sigla, una sedia. Tutti invitati a dire la loro su Ilva.
Dire? Anche cinque minuti a testa, moltiplicati per 62, fanno cinque ore e mezza di parole al primo giro.
Dire la loro? Con quale competenza in tema di siderurgia? O di tecniche e procedure di bonifica? Tutti chimici ed economisti nei comitati e associazioni? E in rappresentanza di quali interessi? Tutti urbanisti, ecologi, manager in grado di valutare un piano industriale? E con quale legittimità a dire (si fa per dire) la loro su Ilva e chi ci lavora? L’unica e sola legittimità è quella loro conferita da Di Maio, la legittimità di fare legittimamente ammuina intorno all’Ilva.
Il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, ha detto che una roba così è una “farsa”. Arcelor Mittal ha emesso un comunicato stupefatto in cui dicono di non averla mai vista una cosa così. Fanno sapere che nessuno li aveva avvisati, lasciano trasparire tutto lo scetticismo sull’utilità di una trattativa così. I sindacati sono con le mani nei capelli.
Ma Di Maio rivendica orgoglioso: finiti i tempi delle trattative al buio, cominciata l’era della trattativa in piazza.
Una trattativa così, a 62 voci, è certamente la scelta migliore. Migliore per chiudere. Non la trattativa, chiudere…l’Ilva.
Una trattativa così Di Maio no, forse non l’ha escogitata per chiudere l’Ilva. Anche se questo potrebbe essere effetto collaterale. Ma non questa è la strategia di Di Maio. Lui deve essersi ricordato della storia letta a scuola di Penelope che la tirava in lungo per non decidere. Di Maio non aveva tele da cucire di giorno e scucire di notte. La trovata doveva essere un’altra. Ed eccola l’idea per tirarla in lungo. Come Penelope. Meglio di Penelope. Più a lungo di Penelope. La trovata è…la trattativa più larga e lunga che c’è.
Tanto che vuoi che sia, Ilva così come sta perde solo un milione di euro al giorno. Ogni giorno, un milione. Tirarla in lungo è dunque la miglior scelta di governo. Al modico sosto di un milione al giorno.
Una trattativa così, a 62 voci…alla fine risulterà sprecata anche l’acqua minerale sul tavolo. Svariate cassette. Una trattativa così, a 62 voci…Cinque, sei ore di parole solo al primo giro, quello dei saluti. Ci sarà il buffet?