ROMA – Compensi agli amministratori troppo elevati; costi troppo alti per servizi resi da società dello stesso gruppo; mancata richiesta di penali al fornitore che consegna il lavoro in ritardo. Sono alcuni esempi di una tenuta antieconomica di un’impresa e che il Fisco da oggi quantificherà. Farà insomma i conti in tasca alle imprese e calcolerà quante tasse lo Stato non percepisce proprio per una amministrazione antieconomica, oppure quanti compensi vengono dedotti senza che ci siano i presupposti, anche se non in presenza di evidenti violazioni della normativa fiscale.
Se, insomma, il principio guida è che chi ha un’attività economica è tenuto a ridurre i costi e massimizzare i ricavi, un comportamento antieconomico verrà censurato. La conseguenza è che i verificatori potranno ritenere i costi sostenuti non deducibili, se considerati eccessivi o inutili. Oppure se la condotta antieconomica porterà a maggiori entrate, contesteranno maggiori ricavi. L’Agenzia delle Entrate ha mandato una nota interna agli uffici in cui spiega che la tenuta antieconomica può avere come conseguenza anche una eccessiva compressione delle componenti positive di reddito. I verificatori si rivolgeranno alle aziende, le quali (altra novità) saranno tenute a dimostrare la veridicità dei dati forniti. Se il contribuente non riuscirà a giustificare un corretto bilancio di costi e ricavi allora dovrà restituire all’Erario la componente di reddito non dichiarata (o dichiarata in parte) oppure la deduzione ottenuta senza che ci fossero i presupposti.
Se le verifiche toccheranno irregolarità oltre la soglia penale (imposta evasa oltre i 103mila euro) la Guardia di Finanza sarà tenuta inviare la segnalazione alla procura competente.