Imprese fredde e sospettose: 40 miliardi veri o da annuncio?

passera e monti
Monti e Passera: a chi il pacco?

Non ha suscitato grandi entusiasmi il decreto che sembra sbloccare 40 miliardi di euro a favore delle imprese, venduto come un trionfo da parte di Mario Monti quando in realtà si tratta di soldi, o euri, da tempo dovuti dallo Stato.

La reazione della Confapi, che raccoglie le piccole e medie industrie senza l’interferenza dei grandi poli pubblici e di necssità filo governativi, è stata caustica:

“Meglio che niente”

ha detto il suo presidente, Maurizio Casasco. Anche Confindustria è stata assai tiepida:

“Miglioramenti, ma va approfondito”

è il giudizio attribuito al presidente della Confindustria Giorgio Squinzi dal suo quotidiano, Il Sole-24 Ore. Il titolo di prima pagina del Sole 24 Ore ridimensiona tutto a pochi spiccioli:

“Pagamenti, si parte con 2,3 miliardi”.

E gli altri per arrivare a 40? Sono su Repubblica, che informa:

“Sì al decreto salda debiti. Sbloccati 40 miliardi per le imprese”.

Sulla linea anche il Messaggero:

“Imprese, via libera a 40 miliardi”

mentre più cauta è la Stampa:

“Imprese, partono i rimborsi”.

Meglio il Fatto:

“Debiti, farsi pagare è un’impresa. 40 miliardi di euro in due anni, ma solo una piccola parte arriverà subito, per il resto bisognerà aspettare la finanziaria di autunno”.

Eppure, a quanto pare, non è stato per nulla facile nemmeno ottenere quel poco. La vicenda dei 40 miliardi ci insegna molte cose su come funziona veramente la macchina dello Stato e quanto poco contino i ministri, un po’ per i mille impegni che li distraggono, un po’ per l’incompetenza che per definizione li affligge: in più litigano tra loro, perché poi entrano in gioco ambizioni Guardate la foto della stretta di mano tra Mario Monti e Corrado Passera: non si capisce bene se l’aria soddisfatta che li accomuna dipenda dal senso di avere abbindolato il pubblico facendo passare per epocale una piccola cosa dovuta da anni oppure dalla soddisfazione di essere riusciti a mettere nel sacco la macchina burocratica, almeno per quelle poche ore di vita dei giornali.

I grand commis, gli altissimi funzionari, sono invece quasi sempre al loro tavolo di lavoro, in stanza come dicono nei ministeri, e alla fine fanno quello che vogliono.

Ci sono tre articoli sui quotidiani di domenica 8 aprile che meritano di essere letti.

Sul Sole-24 Ore, Guido Gentili, sotto il titolo “Gli impegni del Governo, il veto di Canzio” e sottotitolo “Il pasticcio del Ragioniere” racconta un aspetto della incredibile vicenda e parla di

“giallo finale, dopo che la Ragioneria di Stato aveva fatto saltare l’innalzamento del tetto da 500 a 700mila euro della compensazione tra crediti e debiti fiscali, il Tesoro in extremis ha ripristinato la modifica iniziale. Una mossa da 2-3 miliardi che aveva posto un problema serio tra Ragioneria dello Stato e ministero dell’Economia. Un pasticcio chiarito praticamente nella notte”.

Gentili non si tira indietro nel ricordare che a fronte del

“Si «volta pagina», [che] dice Mario Monti, spiegando che nell’autunno scorso non si poteva procedere perché «in quel momento avremmo sfondato il limite del 3% del deficit rispetto al Prodotto interno lordo»”

“il Governo, nel maggio 2012, aveva annunciato che entro l’estate sarebbe partita la certificazione del dovuto e che la Pubblica amministrazione avrebbe cominciato a pagare i suoi debiti in autunno”.

E anche Gentili, come tutto il mondo imprenditoriale, è cauto nel gridare alleluja:

“Occorrerà verificare il testo del decreto per una valutazione puntuale. Rispetto alle prime versioni, ci sono passi avanti, chiarimenti e un testa-coda finale. Come l’eliminazione della norma che vietava ai Comuni di fare investimenti per i cinque anni successivi. O come l’ordine delle priorità, per cui prima vengono le imprese e poi le banche. Il testa-coda, come detto, è innalzamento da 500 mila a 700 mila euro della soglia dei crediti compensabili con debiti fiscali, prima cancellato e poi ripristinato”.

Ma una prima scossa dovrà comunque fare i conti con incognite di peso. A partire dal fatto che il ministro dell’Economia Vittorio Grilli ha dovuto ammettere che «non abbiamo certezza di quanto siano i debiti scaduti». 70 miliardi, 90, oltre 100, 140? Nessuno lo sa, a partire dallo Stato. Il che ci dà la dimensione di quel “cuore di tenebra” che alberga dentro lo Stato stesso e che fin qui ha reso impossibile, ancor prima di saldare il dovuto, la sola contabilizzazione dei debiti. Una colossale, diffusa e risaputa illegalità che dura da decenni e che già nei primi anni Novanta gli imprenditori avevano denunciato con forza”.

Poi ci sono due articoli, uno su Repubblica, di Roberto Petrini e uno sul Corriere della Sera, di Antonella Bacaro, entrambi sui litigi fra il ministro per lo Sviluppo, Corrado Passera e quello del Tesoro, Vittorio Grilli.

Roberto Petrini, su Repubblica:

 «Ringrazio il ministro Grilli anche per il lavoro che insieme abbiamo fatto soprattutto in questi due giorni». Solo con un po’ di malizia si potrebbe scorgere in quel «soprattutto in questi due giorni», pronunciato dal ministro per lo Sviluppo Corrado Passera, un accenno polemico al duello sul decreto salva-debiti che ha segnato quasi tutta la vita del governo Monti. Un braccio di ferro cominciato più di un anno fa con le truppe della Ragioneria generale dello Stato asserragliate dietro al dedalo contabile, fatto di casse, competenze, Sec 95, tesoreria centralizzata, e i tecnici di Passera pressati dalle imprese e dalla necessità di portare a casa un risultato in grado di dare ossigeno all’economia. Un copione che si è ripetuto martedì scorso quando, con un governo ancora in vita per pochi giorni e con l’auspicio del Quirinale, l’esecutivo ha tentato di giocare la sua ultima carta: 40 miliardi in eredità al prossimo inquilino di Palazzo Chigi per far vedere, come dice Monti, che «il risanamento paga».

Qui Petrini non coglie la demenziale impostazione di Monti: non si tutto questo perché è nell’interesse degli italiani, ma per fare vedere qualcosa a qualcuno, un puro esercizio di vanità. Prosegue Petrini:

“Martedì lo scontro c’è stato: troppo «farraginoso» [il decreto] ha fatto sapere Passera e tutto si è bloccato. Poi i due o tre giorni di lavoro con l’obbligo imposto da Napolitano di trovare un’intesa per il bene del Paese. Ed il decreto è sbocciato. Ma ieri in consiglio dei ministri la tensione si tagliava con il coltello. La riunione, cominciata alle 10 doveva essere piuttosto breve, tanto che Monti aveva annunciato che avrebbe voluto sganciarsi intorno a mezzogiorno. Invece alle 13 i «professori» erano ancora chiusi in una riunione che è sembrata interminabile, segnata da un confronto serrato dove le posizioni di Grilli, in contatto con i suoi Ragionieri, e di Passera, con i suoi «sherpa», sembravano non coincidere, anche se per poco”.

Alla fine

“Passera l’ha spuntata sulla semplificazione ma anche sulla sua vecchia idea, che un anno fa fece scandalo, di pagare le banche, che hanno scontato i debiti delle imprese prendendoli in carico, con una emissione «speciale » di titoli di Stato (saranno 10-15 miliardi dal 2014 che si andranno a sommare ai 40 per la liquidità portando l’intera somma a 50-55 miliardi in due anni) ma Grilli (o il suo successore) avrà ancora il coltello dalla parte del manico: se si sfonderà il 2,9 per cento nel rapporto deficit-Pil il pagamento dei debiti da parte della pubblica amministrazione potrà essere bloccato, oppure ci sarà una manovra correttiva, senza contare che per pagare gli interessi della montagna di nuove emissioni sono pronti dal 2014 i «famigerati» tagli lineari ai ministeri”.

Antonella Bacaro sul Corriere della Sera:

“Dicono che il momento più difficile nel parto del decreto dei pagamenti sia stato martedì sera, quando il testo è venuto alla luce messo a punto dal Tesoro e una manina ha distribuito alle agenzie di stampa la notizia che una parte della copertura dei pagamenti sarebbe arrivata dall’anticipo delle addizionali regionali. Una bomba.

“Quella stessa sera il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, fino a allora estraneo al lavoro di preparazione, viene raggiunto dalla proteste degli imprenditori, soprattutto i piccoli di Rete imprese, mai interpellati durante i lavori preparatori, a differenza, secondo loro, della Confindustria di Giorgio Squinzi. La bozza che hanno finalmente potuto visionare viene considerata «irricevibile».

“La telefonata che segue tra il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli e Passera è accesa. Il primo non ci sta a intestarsi la paternità della norma sull’addizionale Irpef, in effetti così impolitica, dato il momento, da apparire partorita dalla mente dei tecnici.

“E poi i dieci decreti attuativi che dovrebbero servire a fare muovere l’intera macchina e che appaiono un meccanismo infernale. Senza parlare dell’assenza di una norma che imponesse una volta per tutte il censimento dei debiti dello Stato, almeno quelli che non sono fuori bilancio.

Scrive ancora Bacaro:

“Il punto più dolente resta quello delle compensazioni tra crediti e debiti fiscali, previdenziali e assistenziali: l’articolo nove del decreto che ieri mattina è uscito dal Consiglio dei ministri suonava come una sorta di compromesso. I «piccoli» di Rete imprese reclamavano la totale compensabilità senza limiti di sorta e avevano presentato un proprio articolato. Sul punto il ministero del Tesoro aveva concesso solo due allentamenti: l’innalzamento da 500 mila e 700 mila del tetto della compensazione e la possibilità di scontare anche le somme dovute a seguito di un accertamento con adesione e non solo quelle iscritte a ruolo.

“I dieci decreti attuativi non ci sono più, ma proprio sulle compensazioni, ecco rispuntarne uno, quello che doveva servire a definire «i termini e le modalità di attuazione delle disposizioni». Un decreto per l’emanazione del quale non era previsto un termine. Insomma la diga di Grilli, a difesa delle entrate fiscali, sembrava aver tenuto all’assalto delle imprese. Ma quella della Ragioneria è stata ancora più forte, escludendo la «bollinatura» della norma sulla compensazione. A questo punto Passera può intestarsi soltanto il venir meno del vincolo quinquennale agli investimenti per gli enti che chiedono anticipazioni e la norma che impone finalmente un censimento di tutti i debiti”.

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