ROMA – Obiezione fiscale, “festival anti-tasse” , sindaci ribelli contro l’Imu: manca una settimana a un importante voto amministrativo, oltre 7 milioni gli italiani chiamati a rinnovare giunte e amministrazioni locali, sale la febbre nei partiti, aumenta la schizofrenia di chi a Roma sostiene il governo Monti e sul territorio inalbera le insegne della lotta allo Stato predone. Non fa tanto notizia l’attivismo della Lega, cui appartiene il grosso dei 600 comuni che dice non alla “tassa più ingiusta del governo Monti”. In occasione del Lega Unita Day che verrà lanciato da Maroni domani verrà data voce e supporto a quei sindaci “avanguardisti” che intanto esautorano l’odiata Equitalia dal ruolo di esattore dei tributi per conto dello Stato e organizzano la riscossione direttamente negli uffici dei Municipi, come Calalzo di Cadore insegna.
Fa scalpore, ma non troppo (martedì prossimo i toni si ammorbidiranno come d’incanto), una certa agitazione, una voglia di disobbedienza civile, un risentimento verso il governo Monti che esonda dai normali canali della dialettica politica. Pdl e Pd, per il resto divisi su ogni ricetta salvifica, fanno a gara per mostrarsi in linea con le aspettative degli elettori lisciando loro il pelo lungo il verso della protesta fiscale, dell’insofferenza verso un governo solo tasse e distintivo. Due sindaci di grandi città come Genova e Milano, amministrati dal centrosinistra, il primo uscente come Marta Vincenzi, il secondo da poco insediato come Pisapia, sembrano intenzionati a non lasciare alla Lega la bandiera della giustizia sociale.
Vincenzi, che a Genova ha finito, ha meno remore e scrupoli nel condannare il ricorso a nuove tasse e invita senza mezzi termini i colleghi sindaci alla disobbedienza civile. Pisapia, un filo più prudente, propone un generico appello alla lotta, all’impegno per la giustizia fiscale pur senza ricorrere a forme eversive: a lui non piace il ruolo di esattore, i una città come Milano sarebbe complicato disfarsi di Equitalia, però consiglia ai piccoli comuni di andare avanti. Per Alfano vanno aiutati gli imprenditori i quali, prima di pagare qualsiasi balzello, dovrebbero rientrare dei crediti con lo Stato e l’Imu, comunque deve valere per quest’anno e basta. Lo scambio tasse/crediti cvosterebbe allo Stato 30/40 miliardi di mancato gettito ironizza Stefano Fassina, il laburista duro e puro del Pd , un calcolo invero non si sa quanto giustificato.
Il “capo” dei sindaci, il presidente dell’Anci Delrio coglie il problema della legittimità di una protesta che si allarga a macchia d’olio in tutto lo stivale (190 sindaci in provincia di Pavia, i 131 della Lucania, i 377 sardi, la sfida di Agrigento e altri casi): no alla disobbedienza, dice Delrio, ma sì alla trasparenza per denunciare come l’Imu “sia una patrimoniale mascherata”, visto che la impongono i Comuni e che viene dirottata a Roma. Il sindaco di Pontivrea (Savona) la sparta più grossa di altri: “disobbedienza civile contro chi induce i suicidi” sostiene Matteo Camicciotoli, che forse no si è accorto che di Imu non si è pagato ancora nemmeno l’acconto e se le eventuali colpe del Governo fossero anche tante e gravi, questa non ne fa parte.
Stavolta Casini non ha tutti i torti a bollare come “smemorati” i protagonisti di questa resipiscienza disobbediente. Il ragionamento, che vale di più per gli amici di maggioranza nel Pdl, è semplice: Monti sta lì perché deve rimediare agli errori di altri e, giusto per la cronaca “qualcuno prima di lui ha abolito l’Ici e ora c’è l’Imu perché qualcuno in Europa ha sottoscritto impegni pesantissimi e ora dobbiamo onorarli”. Fino a venerdì Alfano potrà andare in tour elettorale gridando al megafono meno tasse, meno debito, meno tutto facendo finta di dimenticare quello che già sa e che tutti nella “strana” maggioranza sanno: le tasse restano, dalla tanto invocata “spending review” nessuno si aspetta chissà quali miracoli, sarà già grasso che cola se si riuscirà ad evitare l’ulteriore aumento dell’Iva.
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