Imu e no profit, Bruxelles valuta quanto far pagare. Terzo Settore: “Confusione”

Imu e no profit, Bruxelles valuta quanto far pagare. Terzo Settore: “Confusione” (Foto Lapresse)

BRUXELLES – Finisce sotto la lente di Bruxelles il nuovo regolamento sulla cosiddetta “mini Imu” pubblicato in Gazzetta Ufficiale sabato. La commissione europea deve verificarne la compatibilità con le norme Ue e valutare quindi se chiudere la procedura d’infrazione aperta contro l’Italia. Tra i punti oscuri resta da comprendere il principio, dai confini troppo scivolosi, che definisce le attività non commerciali e pertanto esenti da Imu. “Stiamo studiando le misure adottate”, ha assicurato il portavoce del commissario Ue alla concorrenza Joaquin Almunia, precisando che l’analisi della Commissione si situa ”nel quadro della procedura sugli aiuti di Stato in corso”.

Le agevolazioni fiscali di cui hanno finora goduto in Italia gli enti non commerciali, e in particolare la Chiesa, possono, secondo le norme europee, essere considerate come aiuti di Stato illegali. Il contenzioso con l’Antitrust Ue risale al 2007, quando erano partite le prime richieste di informazioni a Roma. Almunia aveva deciso di riaprire il dossier dell’esenzione dell’allora Ici nei confronti della Chiesa nel 2010, dopo le denunce ripresentate dal deputato radicale Maurizio Turco e dal fiscalista Carlo Pontesilli, che si erano rivolti alla Corte di giustizia Ue per impedire l’archiviazione.

Dopo avere definito lo scorso febbraio, come un ”progresso sensibile” l’emendamento proposto dal governo Monti, i servizi antitrust Ue sono rimasti in attesa del testo legislativo finale, che ha ricevuto uno stop dal Consiglio di Stato.

A lanciare l’allarme ora è il Forum del Terzo Settore che parla di “grandissima confusione” applicativa delle nuove disposizioni che potrebbero nascondere un “duro colpo” al non profit. L’applicazione dell’Imu proporzionale dovrebbe partire dal 2013. In punta di diritto il principio è abbastanza chiaro, laddove non sia identificabile la superficie destinata ad attività commerciali, si guarda al tipo di prestazione: se il servizio fornito è gratuito o comunque a buon prezzo (si dice “al di sotto della metà della media di mercato”) non si paga la tassa, se invece come una qualsiasi attività commerciale si fornisce un servizio a pagamento, come una qualsiasi attività commerciale si paga l’Imu.

Insomma, il criterio a più ampia applicazione riguarda le tariffe, a partire dal fatto che la “gratuità” o un compenso “simbolico” garantiscono la non commercialità dell’attività, e di conseguenza la sua esclusione dall’Imu. Secondo il legislatore, a ragione, le attività commerciali non possono avere tariffe di mercato, ma l’applicazione della regola risulta complicata: è il caso, prima di tutto, di molte scuole o strutture ricettive possedute da enti non commerciali, che con le tariffe oggi praticate rientrerebbero nell’ambito del mercato soggetto all’imposta municipale.

Agli occhi di Bruxelles, in ogni caso l’Italia, allo stato attuale, non rischia multe, ma solo l’ingiunzione a procedere al recupero presso i beneficiari degli aiuti illegali precedentemente percepiti. Solo nell’ipotetico caso in cui l’Italia ricevesse l’ingiunzione e non procedesse nei tempi stabiliti al recupero, allora Bruxelles potrebbe aprire un’altra procedura d’infrazione che, una volta giunta nella fase finale, potrebbe a sua volta terminare con una multa da parte della Corte di giustizia Ue.

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