In Cina si gonfia la “bolla mutui”, arriva un replay dei subprime Usa?

Pechino

I cinesi comprano casa, sempre di più e sempre più a debito. Affari loro? No, affari planetari perché dalla Cina per questa via può arrivare a tutto il pianeta una seconda crisi finanziaria. La Cina potrebbe essere un replay degli Usa: valori immobiliari gonfiati, mutui non pagati, crediti non esigibili, banche in crisi di liquidità.

Anche il gigante cinese rischia infatti che la sua classe media in crescita vertiginosa alla fine non riesca più a sostenere i mutui facili offerti dalle banche senza le adeguate garanzie. Il problema nasce dalla corsa all’acquisto della casa e dalla contemporanea salita dei prezzi degli appartamenti, aumentati del 75 per cento nel 2009 rispetto all’anno prima.

Comprare casa in un quartiere periferico di Pechino, ad esempio, nel 2004 costava tra i 6 e i 7 mila renminbi al metro quadro (600-700 euro di oggi circa). Appena nel 2007 gli appartamenti nello stesso quartiere valevano 16 mila renminbi al metro per arrivare a 24 mila nel 2009.

L’Università del Popolo ha calcolato che se in un mercato normale il valore di una casa è 20-25 volte quello di un affitto annuale, ora a Pechino si è arrivati a 30-40. Nella capitale in luglio il complesso di East Diaoyutai ha raggiunto i 7.300 euro al metro, ma a Shanghai è anche peggio, si sforano i 10 mila. Per rendere l’idea, il prezzo medio entro il quarto anello di Pechino è sui 2 mila euro al metro, quando lo stipendio mensile di un impiegato laureato, ad esempio un ingegnere, è di 380 euro.

La corsa alla casa, con epiche code alle vendite e giovani coppie rassegnate a farsi «schiave del mutuo», ha assunto i toni della paranoia. I costruttori più avveduti non negano che si tratti di un fenomeno inquietante: Wang Shi, presidente di China Vanke, ammette che «in alcune delle città principali c’è chiaramente una bolla… E sono parecchio preoccupato».

Il governo, per far fronte alla crisi, aveva dato il via libera ai crediti bancari con lo scopo di dare slancio alla domanda interna. La situazione è stata poi gonfiata anche dal mega-pacchetto di stimolo dell’economia cinese varato sul finire del 2008 che ha provocato nella sola Shangai un aumento dei mutui del 1600 per cento nel 2009 rispetto al 2008.

L’economista Wang Xiaoguang spiega che nel 2009 i crediti hanno toccato i 950 miliardi di euro, pari al totale dei 4 anni precedenti, e 400 sono stati investiti nell’immobiliare ed ha avvertito: se tra il 2008 e il 2009 c’è stato un aumento medio pari al 75,5 per cento dei prezzi delle case, «nel 2010 i prezzi possono salire ancora del 20-30 per cento».

Negli ultimi 5 anni il 40 per cento della popolazione più agiata ha comprato l’85 per cento delle case. Per questa ragione, le autorità temono che la bolla allarghi le differenze sociali e semini instabilità. Per impedire che accada questo, il premier Wen Jiabao ha parlato a più riprese della necessità di porre dei freni freni. Il 1o gennaio il Consiglio di Stato ha decretato che i mutui per le seconde case non possono eccedere il 60 per cento del valore: da allora la stretta sui prestiti bancari ha cominciato a farsi sentire, insieme con la paura di una risalita dell’inflazione.

Anche l’acquisizione dei terreni edificabili sta diventando un serio problema che parte dalla demolizione delle vecchie case e dal trasferimento degli abitanti. I modi spesso violenti dello sradicamento, gli indennizzi inadeguati o negati hanno assunto a loro volta le proporzioni di un allarme sociale.

Quando la casa non può essere acquistata dalla gente comune finisce in mano agli speculatori, magari cinesi di Hong Kong e Taiwan o stranieri, o alle banche. A Pechino, ci sono già tanti condomini semivuoti, la stessa cosa che si è vista negli Stati uniti in questi anni. Chi invece una casa se la può permettere corre ad aprirsi un mutuo ora, prima che i prezzi salgano ancora o che le banche, e i primi segnali già si sono avuti, inaspriscano le condizioni del credito.

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