Incentivi auto, Berlusconi risponde a Marchionne: “Pronti a dare una mano”

Sergio Marchionne con Silvio Berlusconi

“Ciò che va bene alla Fiat va bene al Paese”: un adagio che mostra i segni dell’usura, a giudicare dalle ultime prese di posizione di Marchionne, la palese indifferenza, cioè, con cui tiene in conto i provvedimenti che pure tanto hanno aiutato l’azienda torinese, a cominciare dai famosi incentivi. Una consonanza, quella tra l’unico grande produttore di auto del paese e le sorti occupazionali italiane, non più al centro della strategie industriali interne, sacrificate sull’altare di una globalizzazione che relega gli operai di casa nostra all’ultimo posto dei pensieri dell’amministratore delegato di passaporto svizzero.

Sugli incentivi auto il dibattito si arricchisce del botta e risposta tra l’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Al termine del Consiglio dei ministri il premier ha assicurato che il governo sta esaminando l’erogazione di nuovi aiuti al settore automobilistico. Ma, aggiunge parlando della Fiat, «pare che il principale produttore non sia interessato ad averlo». In ogni caso «è ancora un capitolo aperto, stiamo discutendo con altri protagonisti del settore auto e vediamo come si metteranno le cose, noi siamo sempre aperti e pronti a dare una mano ai settori che ne hanno bisogno».

Parole distensive, dopo che in prima mattina il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola aveva invece detto che «non possiamo andare avanti in maniera disarmonica con l’Europa. Nel 2009 abbiamo dato incentivi sostanziosi, ora stiamo valutando se gli aiuti all’auto sono ancora utili o distorsivi del mercato».

In un’intervista alla Stampa, Marchionne aveva detto che da parte del Lingotto non esiste alcun ricatto all’esecutivo: «Sono agnostico sugli incentivi: il governo faccia la sua scelta e noi la accetteremo senza drammi. Ma abbiamo bisogno di decisioni in tempi brevi e di uscire dall’incertezza, poi saremo in grado di gestire il mercato e la situazione qualunque essa sia». Il manager aggiunge però che si deve chiudere lo stabilimento di Termini Imerese: «Non si può produrre in perdita ma siamo pronti a farci carico, insieme col governo, dei costi sociali di questa scelta».

Anche il presidente del Senato Renato Schifani ha parlato oggi dell’ipotesi-incentivi per l’industria dell’auto, subordinandoli alla garanzia di salvaguardia dei posti di lavoro esistenti: «Il patrimonio industriale e produttivo della Fiat di Termini Imerese deve essere salvato. Non dobbiamo e non possiamo disattendere questo impegno morale». Per Schifani «bisogna avere il coraggio di dire basta a elargizioni statali se non vengono salvaguardati i posti di lavoro e i presidi industriali. Occorre fermare la logica degli incentivi se non è seguita da un’attenta e forte politica delle imprese che esalti e tuteli l’occupazione».

Secondo il ministro Roberto Calderoli la Fiat «ha preso i soldi e ora scappa». Il ministro per la Semplificazione normativa ricorda come, soltanto un anno fa, lui stesso aveva affermato che non si sarebbe dovuto dare una lira al Lingotto senza garanzie occupazionali.

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