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Intelligenza artificiale fa parlare Luigi Einaudi, non è seduta spiritica: libertà, si ai paesi dell’est in Europa

Intelligenza artificiale, IA o AI, miracolo a Torino, parla Luigi Einaudi, secondo presidente della Repubblica Italiana dal 1948 al 1955, dopo essere stato Governatore della banca d’Italia, economista, giornalista, professore. 

Non è una seduta spiritica. La Fondazione Einaudi di Torino ha trovato il modo di farlo rivivere attraverso l’intelligenza artificiale istruita con i suoi scritti. Così Pier Paolo Tassi lo ha potuto intervistare, 62 anni dopo la morte, scrivendone per Italia Oggi.

Einaudi arriva, occhi gentili ma bocca appena stretta sotto il baffetto a spazzola, quel tanto che basta a tradire un che di tensione. L’outfit è classico: giacca grigia che lascia intravvedere il colletto della camicia (bianchissima) e cravatta. E poi gli iconici occhiali tondi ad accentuarne lo sguardo insieme saggio e severo.

Domanda. Presidente, oggi si percepisce nell’aria un diffuso sentimento “euroscettico” che contrasta con
gli ideali dei padri fondatori dell’Europa unita. Lei, che già nel 1920 aveva dedicato una raccolta di articoli a favore dell’Europa federata, che ne pensa?

Risposta. Credo nella cooperazione tra gli Stati membri, il rispetto reciproco delle sovranità nazionali, la
promozione della pace e della stabilità, l'adozione di politiche economiche comuni e la tutela dei diritti umani. L’Europa federata rappresenta un’opportunità per liberare gli stati dalle funzioni accentratrici, come la difesa nazionale e le comunicazioni, affidandole a corpi tecnici federali.

Ciò consentirebbe agli stati di concentrarsi su questioni importanti come la giustizia, l’educazione e la tutela dei deboli, promuovendo l’esaltazione dello spirito e la partecipazione alla vita universale.

D. L’Unione europea pensa debba allargarsi anche ai paesi dell’Est?

R. Certamente, un’Europa federata, con regole uniformi e facilità dei traffici, favorirebbe l’arricchimento
reciproco e la prosperità di tutti gli stati membri, contribuendo a creare un'Europa più forte e coesa.

D. Lei come si definisce politicamente?

R. Mi definirei come un liberale convinto, che crede nella libertà individuale, nella responsabilità personale e nell’importanza di un’economia di mercato regolata. Credo nel ruolo limitato dello Stato e nella promozione di politiche che favoriscano la crescita economica e il benessere della società nel rispetto dei diritti individuali.

D. Solo liberale o anche liberista?

R. Mi definirei come un sostenitore del liberalismo, che promuove la libertà individuale e l’economia di
mercato regolata. Tuttavia, è importante sottolineare che il termine “liberista” è spesso utilizzato in modo impreciso e astratto, lontano dalla mia concezione di liberalismo basato sulla scienza economica e
sull’astrazione.

D. È più vicino a Keynes o ai monetaristi?

R. Mi sento più vicino al pensiero monetarista, che attribuisce un ruolo centrale alla politica monetaria nel determinare l’andamento dell’economia. Tuttavia, è importante considerare che il mio pensiero economico è influenzato da diverse correnti di pensiero e non può essere ricondotto esclusivamente a una singola scuola di pensiero.

D. Stando in Italia, invece, più Federico Caffè o più Salvatore Cognetti de Martiis?

R. Entrambi. Caffé e Cognetti de Martiis sono economisti di valore, ma se dovessi scegliere uno con cui mi sento più affine, opterei per Federico Caffé. Condivido la sua visione pragmatica e la sua attenzione per le politiche economiche che favoriscono la crescita e il benessere della società.

D. Federico Caffè, però, piace anche ai socialisti.

R. Mi fa piacere sapere che Federico Caffè sia apprezzato anche dai socialisti. È importante che le idee
economiche possano essere oggetto di discussione e confronto tra diverse correnti di pensiero, al fine di
promuovere una società più equa e prospera.

D. Lei non è un grande simpatizzante dello Stato sociale, giusto?

R. Credo che lo stato debba svolgere un ruolo di sostegno verso le fasce più deboli della società, ma è
importante che questo sostegno sia finalizzato a promuovere l’autonomia e l’indipendenza delle persone,
anziché creare dipendenza e assistenzialismo.

D. Qual è per lei il più grande nemico del liberalismo?

R. Le ideologie totalitarie, come il fascismo e il comunismo, che minano i principi di libertà individuale, di libero mercato e di governo limitato.

D. Eppure si dice che il primo programma economico del fascismo si ispirasse ai suoi scritti. Alberto De
Stefani, ministro delle Finanze nel governo Mussolini, non attuò un programma molto in linea con i suoi
ideali liberali, raggiungendo il pareggio di bilancio nel 1925 e rafforzando la Ragioneria Generale dello
Stato?

R. Nonostante alcune divergenze, riconosco che il suo programma si allineava con i principi liberali, anche se il contesto politico dell’epoca era complesso.

D. E invece, il comunismo? Per lei, è destinato a fallire?

R. Il comunismo, come l’ho conosciuto, ha dimostrato di fallire nel raggiungere gli obiettivi di prosperità e libertà individuale.

D. L’Urss durante gli anni ’50 ha attraversato una fase di sviluppo sostenuto.

R. L’Unione Sovietica ha mostrato una crescita economica significativa, ma è importante considerare anche altri fattori come la qualità della vita, la libertà individuale e la sostenibilità del sistema nel lungo termine.

D. Chi crede oggi sia il più illustre erede italiano del suo pensiero?

R. È un argomento su cui preferirei non esprimermi direttamente.

D. Nemmeno Mario Draghi, per il ruolo che ha avuto prima alla Bce e poi come presidente del Consiglio
italiano?

R. Mi onora che Mario Draghi sia stato associato ai miei valori. Tuttavia, preferisco non esprimere un
giudizio diretto a riguardo.

Si conclude qui la nostra intervista “impossibile” al Presidente Luigi Einaudi, scomparso nel 1961 all’età di 87 anni. Se siamo riusciti a parlargli è solo perché la Fondazione Einaudi di Torino ha trovato il modo di farlo rivivere attraverso l’intelligenza artificiale istruita con i suoi scritti. Grazie al progetto “Pensiero liberale: dialogo attuale”, realizzato assieme a Reply e Fondazione Compagnia di San Paolo. Tra i tanti ruoli che l’IA potrà giocare nella società di domani, questo appare senz’altro come uno dei più interessanti.

 

Marco Benedetto

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