Istat, laureati più precari dei diplomati all'inizio della carrieraIstat, laureati più precari dei diplomati all'inizio della carriera Istat, laureati più precari dei diplomati all'inizio della carrieraIstat, laureati più precari dei diplomati all'inizio della carriera

Istat, laureati più precari dei diplomati all’inizio della carriera

Istat, laureati più precari dei diplomati all'inizio della carrieraIstat, laureati più precari dei diplomati all'inizio della carriera
Istat, laureati più precari dei diplomati all’inizio della carriera

ROMA – “L’occupazione atipica al primo lavoro è diffusa anche per titoli di studio secondari superiori o universitari e cresce all’aumentare del titolo di studio, essendo pari al 21,2% per chi ha concluso la scuola dell’obbligo e al 35,4% per chi ha conseguito un titolo di studio universitario”. A sostenerlo è il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, in audizione in commissione Affari costituzionali alla Camera, intervenendo sulle proposte di legge per assicurare l’equità nei trattamenti previdenziali e assistenziali. All’inizio della carriera il lavoro precario interessa più i laureati rispetto a coloro che hanno titoli di studio inferiori.

Secondo l’Istat il precariato è “più diffuso tra i giovani di 15-34 anni”, tanto che “circa 1 occupato su 4 svolge un lavoro a termine o una collaborazione”. Alleva ha evidenziato che l’instabilità lavorativa riguarda anche gli “adulti e i soggetti con responsabilità familiari: nel 2016 un terzo degli atipici ha tra 35 e 49 anni, con un’incidenza sul totale degli occupati dell’8,9%; tra le donne il 41,5% delle occupate con lavoro atipico è madre”. Il numero uno dell’Istituto nazionale di statistica ha aggiunto che “la quota di lavoratori temporanei, già in partenza più consistente fra i giovani, aumenta dal 1997″. In particolare, Alleva ha spiegato che “tra il 2008 e il 2016, nella classe 15-34 anni, la quota di dipendenti a termine e collaboratori aumenta di 5,6 punti, dal 22,2% al 27,8%”.

Capitolo pensioni. Ad oggi, in base agli “scenari demografici” a disposizione “è possibile delineare la futura traiettoria dei requisiti di accesso al pensionamento”: dai “66 anni e 7 mesi, in vigore per tutte le categorie di lavoratori dal 2018, si passerebbe a 67 anni a partire dal 2019”. Dal 2021 salirebbe a 67 anni e 3 mesi dal 2021 mentre, spiega, “per i successivi aggiornamenti fino “a 69 anni e 9 mesi dal 2051”.

Dal 2021 l’età per la vecchiaia salirebbe a 67 anni e 3 mesi mentre, spiega, “per i successivi aggiornamenti, a partire da quello nel 2023, si prevede un incremento di due mesi ogni volta. Con la conseguenza che l’età pensionabile salirebbe a 68 anni e 1 mese dal 2031, a 68 anni e 11 mesi dal 2041 e a 69 anni e 9 mesi dal 2051”. Comunque, ricorda Alleva, “per quanto attiene l’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento” negli anni precedenti due aggiornamenti sono stati già forniti. I prossimo aggiornamento, tiene a precisare, “entrerà in vigore dal primo gennaio 2019 e sarà costruito sul triennio 2013-2016”.

Gestione cookie