Istat: quasi tre milioni i lavoratori in nero

Un esercito di quasi tre milioni di lavoratori in nero pari al 12% del totale degli occupati. Le cifre diffuse martedì 13 luglio dall’Istat  e relative al 2008 disegnano un Paese ancora alle prese con enormi difficoltà a far emergere il sommerso anche se la tendenza, lenta ma progressiva, è quella della regolarizzazione dei lavoratori.

Nel 2008 le unità di lavoro irregolare (ottenute dalla somma delle posizioni lavorative a tempo pieno e delle prestazioni lavorative a tempo parziale, principali e secondarie, trasformate in unita’ equivalenti a tempo pieno) erano circa 2 milioni e 958 mila (11,9%). ”Se le prestazioni lavorative sono non regolari, e quindi non direttamente osservabili – spiega l’Istat – producono un reddito che non viene dichiarato dalle unita’ produttive che le impiegano. Nel 2008 l’incidenza del valore aggiunto prodotto dalle unita’ produttive che impiegano lavoro non regolare risulta pari al 6,5 per cento del Pil, in calo rispetto al 2000 quando ne rappresentava il 7,5 per cento”.

Dal 2001 al 2009 si assiste ad una riduzione delle unità di lavoro non regolari e ad una crescita corrispondente di quelle regolari. ”Oltre a fattori strettamente legati all’andamento del sistema economico – spiega l’Istat – le diverse dinamiche del lavoro regolare e non regolare sembrano essere riconducibili anche ad interventi normativi, rivolti sia al mercato del lavoro che a regolamentare il lavoro degli stranieri non residenti sul territorio”.

L’Istat individua tre diverse tipologie di occupati in nero: gli irregolari residenti, gli stranieri non regolari e le attività plurime non regolari (in pratica chi svolge un secondo lavoro in nero). Dal 2001 gli irregolari residenti rappresentano la componente più rilevante delle unità di lavoro non regolari e si attestano nel 2009 intorno a 1 milione e 652 mila unità. L’altra componente rilevante è rappresentata dalle unità di lavoro riferibili alle posizioni plurime (937 mila unità). Gli stranieri clandestini rappresentano, invece, la componente più piccola del lavoro non regolare (377 mila unità di lavoro nel 2009). Nonostante gli interventi di sanatoria, tuttavia, è da rilevare che tra il 2001 e il 2008 il numero di lavoratori stranieri irregolari in Italia è cresciuto, subendo un’inversione di tendenza soltanto nel 2009. Tale dinamica è dovuta presumibilmente ad una crescita tendenziale della domanda di lavoro da parte delle famiglie (in particolare colf e badanti), che solo nel 2009 e’ stata controbilanciata dalla diminuzione degli stranieri occupati nelle imprese.

”Nel periodo 2001-2008 gli interventi normativi – conclude l’Istat – hanno, quindi, agito nella direzione di un contenimento del lavoro non regolare, consentendo di trasformare lavoratori gia’ occupati irregolarmente in posizioni lavorative regolari. La crisi economica dell’ultimo biennio, invece, ha modificato il quadro che, sebbene ancora basato su evidenze statistiche che dovranno essere consolidate, evidenzia una riduzione complessiva dell’occupazione pari a 660 mila unita’, con una forte contrazione del lavoro regolare (-668 mila unita’), accompagnata da una lieve crescita del lavoro non regolare (+8 mila unita’). La diversa dinamica del lavoro regolare e non regolare ha determinato una modesta crescita del tasso di irregolarita’, passato dall’11,9 per cento del 2008 al 12,2 per cento nel 2009”. Osservando i vari settori, l’agricoltura emerge come il settore con la maggiore incidenza di unita’ di lavoro non regolari e con un tasso di irregolarita’ in aumento dal 20,9 per cento del 2001 al 24,5 per cento del 2009.

Il settore industriale presenta il minor tasso di irregolarità: l’industria in senso stretto è coinvolta marginalmente dal fenomeno del lavoro non regolare, che nel periodo 2001-2009 si è mantenuto intorno al 4 per cento. Diverso e’ il caso delle Costruzioni, che impiegano una quota di lavoro non regolare significativa, ancorché in discesa dal 15,7 per cento nel 2001 al 10,5 per cento nel 2009. Il settore dei servizi e’ interessato dal fenomeno del lavoro non regolare in misure differenti a seconda dei comparti. Il tasso di irregolarita’ e’ particolarmente rilevante in quello del Commercio, riparazioni, alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni (18,7 per cento nel 2009).

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