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Italia fra scarsa crescita e paure della Merkel

di Alessandro Avico |27 Dicembre 2010 0:48

Angela Merkel riapre all’Euro dopo qualche difficoltà. Una riapertura che però potrebbe essere tardiva oltre a suscitare qualche dubbio sulla sua possibile efficacia. “Sappiamo che l’euro è il nostro comune destino e che l’Europa è il nostro futuro collettivo. Nessuno in Europa sarà abbandonato. L’Europa si affermerà insieme”. Parole forti pronunciate mercoledì a Berlino dalla Merkel prima di partire per il vertice europeo che si terrà in questi due giorni a Bruxelles.

Parole che lanciano un segno: la crisi dell’euro resta molto grave. Dopo i salvataggi di Grecia e Irlanda, ci sono Portogallo e Spagna nel mirino. Moody’s ha pensato bene di avvertire Madrid di un possibile downgrading: l’euro è sceso, gli spread con il bund si sono allargati. Il giorno prima era stato il turno del Belgio con Standard & Poor’s, tanto da indurne il governo ad annunciare ieri una manovra correttiva da 2 miliardi per l’inizio del 2011.
Tra crescita smorta, disoccupazione in aumento, globalizzazione che crea incertezza nel futuro, non è facile continuare a stringere la cinghia. “No all’austerità, sì al lavoro e agli eurobond”, gli slogan della manifestazione organizzata a Bruxelles dai sindacati europei. Mentre dalla Grecia al Portogallo, dalla Francia alla Spagna, dal Belgio al Lussemburgo, dalla Danimarca alla Repubblica Ceca dilagavano le proteste.

Sostanzialmente la speranza della Merkel di cavarsela limitandosi a dare in pasto ai mercati il futuro Esm appare illusoria. Perchè tutti, non solo i mercati, sanno che il 2013 è troppo lontano. I problemi da risolvere ci sono oggi e non danno tregua. Lo sanno tutti, anche la Merkel che, sostenuta dal francese Nicolas Sarkozy, per ragioni di traballante consenso interno, continua a dire no sia all’aumento di capitale dell’Efsf sia all’eventuale emissione di eurobond. Nonostante al coro di chi giudica con favore il ricorso alle obbligazioni europee ieri, oltre ai soliti premier lussemburghese Jean-Claude Juncker e ministro Giulio Tremonti, si siano aggiunti due grossi calibri della Spd, gli ex-ministri Franz-Walter Steinmeier e Peter Steinbrück. “Qui si rischia di trasformare la Bce in una bad bank”, ha denunciato Steinmeier. Preoccupato per i 72 miliardi di obbligazioni sovrane “vulnerabili” che la Banca centrale europea ha già preso in carico per fermare i mercati.

Scartata per ora l’opzione eurobond, soprattutto alla cena di stasera cui parteciperà Jean-Claude Trichet si discuterà delle alternative possibili. Di sicuro dell’aumento di capitale della Bce, sollecitato dal suo presidente senza sollevare le obiezioni tedesche.

In Spagna a preoccupare Moody’s, dopo il taglio della tripla A avvenuto lo scorso settembre, sono sì le scadenze di rinnovo relative al 2011 (110-120 miliardi di euro), ma anche i dubbi sulle capacità del governo centrale di controllare i conti delle Regioni autonome, e la precarietà della situazione del sistema bancario che necessiterebbe di 17 miliardi di euro di capitale per far fronte alla situazione, e per tamponare perdite potenziali per 176 miliardi di euro.

La Spagna ha quindi collocato i titoli di Stato a 10 e 15 anni per 2,4 miliardi di euro, un ammontare inferiore al tetto massimo di 3 miliardi inizialmente prefissato dalla Banca di Spagna. Per la tranche di titoli decennali, il rendimento medio è salito al 5,446% dal 4,615% dell’ultima asta analoga che si è tenuta lo scorso 18 novembre e la domanda ha superato l’offerta di 1,67 volte (contro 1,84 della precedente asta). Sulla scadenza 2015, il rendimento medio è salito al 5,953% dal 4,541% dell’asta del medesimo tipo tenuta ad ottobre e la domanda ha superato l’offerta di 2,52 volte (1,44 nell’asta precedente).

E in Italia? Le banche avrebbero registrato un fabbisogno di capitale di 40 mld di euro a fine giugno 2010 se a quella data fossero già state applicate le regole di Basilea3 che entreranno in vigore pienamente nel 2018 mentre a fine 2009 era di 47 miliardi. E’ quanto prevede uno studio del comitato di Basilea che non rappresenta una previsione ma un ”parametro di riferimento”. Le nuove regole di Basilea3 avrebbero inoltre avuto un impatto di 600 miliardi di euro sulle banche del G20 se queste fossero state applicate gia’ a fine 2009. Le regole saranno applicate con gradualità dal 2013 fino al 2018.

Secondo l’ultima analisi di Confindustria inoltre “l’Italia delude sul fronte dell’uscita dalla crisi, ancora una volta rimane indietro”. Il centro studi di Confindustria ha limato al ribasso le stime del Pil, prevedendo che la crescita si fermerà al +1% nel 2010 (rivisto dal +1,2%) ed al +1,1% nel 2011 (dal +1,3%). Per gli economisti di via dell’Astronomia in Italia “la malattia della lenta crescita non è mai stata vinta e il confronto con la Germania è impietoso. Aumenta il conto delle riforme mancate o incomplete o inadeguate rispetto a quanto realizzato dai partner-concorrenti”, come la Germania. Perchè “il miracolo tedesco ha poco del miracoloso e molto del faticoso. Non è un fuoco di paglia”, non è “nè accidentale nè episodico” ma “frutto dei mutamenti strutturali”.

In questo contesto per il nostro Paese, che si colloca ”in uno scenario globale che può essere delineato come cautamente favorevole”, il CsC ha rivisto ”ulteriormente al ribasso le previsioni per l’economia italiana. Il pil del Paese sale nel 2010 dell’1,0% (dall’1,2%), nel 2011 dell’1,1% (da 1,3%) e dell’1,3% nel 2012”. Gli economisti di Confindustria indicano che ”la spinta maggiore verrà sempre dall’export”. E ”un contributo rilevante sarà dato dagli investimenti”, mentre ”la spesa in costruzioni tornerà ad aumentare dall’anno prossimo”. I consumi ”invece, cresceranno poco, seppure in graduale accelerazione: dopo il +0,7% nel 2010 (-1,8% nel 2009), segneranno +0,9% nel 2011 e +1,2% nel 2012” con ”progressi superiori a quelli del reddito”. Le condizioni del mercato del lavoro ”permangono difficili, con l’occupazione (misurata sulle ULA) che registra un nuovo forte calo nel 2010 (-1,7%, dopo il -2,6% del 2009), rimane ferma nel 2011 (+0,1%) e risale solo nel 2012 (+0,9%).

Il tasso di disoccupazione inizierà a scendere molto gradualmente nel corso del 2012, dopo aver toccato l’apice (9,0%) nel quarto trimestre dell’anno venturo”. Sul fronte dell’inflazione ”l’aumento dei prezzi al consumo rimarrà contenuto, sotto il 2%, nel prossimo biennio. Tensioni si verificheranno per i listini dei beni ad alto contenuto di materie prime energetiche e alimentari, le cui quotazioni sono rincarate nettamente. In generale i corsi delle commodity sono record e comprimono i margini aziendali”. Quanto ai conti pubblici, ”pur scontando l’efficacia piena delle manovre del Governo, il disavanzo e il debito risulteranno più elevati a causa della minor crescita, come anche indicato dalla Commissione europea.

Il deficit si situa al 5,1% del Pil nel 2010, al 4,2% nel 2011 e al 3,2% nel 2012. Il debito arriverà al 120,3% del Pil l’anno venturo, per poi scendere al 119,8% in quello seguente”. Per Confindustria ”il Paese continua a soffrire delle gravi carenze di competitività che erano già emerse nel periodo 1997-2007 e che sono state aggravate dalla recessione. Sono evidenziate dall’andamento del ”clup” (il costo del lavoro per unità di prodotto sintetizza anche l’evoluzione insoddisfacente della produttività) e dall’accumularsi del debito estero, che avviene nonostante la fiacchezza della domanda interna”. Le condizioni creditizie, nell’analisi degli economisti di via dell’Astronomia, ”rimangono difficili e su di esse incombono perdite sui prestiti sia a famiglie e imprese sia a stati sovrani (quelli percepiti più in difficoltà), oltre che su quel che resta dei titoli tossici.

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