Gli stranieri in Italia rappresentano, con i numeri ufficiali, il 10% della forza lavoro complessiva: il loro contributo è indispensabile.
Malgrado le posizioni ideologiche espresse da una buona fetta degli elettori rappresentati dall’attuale Governo, alla luce dei dati attuali (demografici, economici e sociali), ostacolare o rallentare l’arrivo di immigrati in Italia sembrerebbe davvero una pessima idea. Tutte le proiezioni basate su dati oggettivi o sensati stimano una diminuzione del 21% della popolazione in età lavorativa entro il 2070. Ciò significa che l’Italia avrà bisogno sempre più bisogno degli stranieri. Senza immigrazione, mancherebbe la manodopera necessaria a sostenere il sistema produttivo e quello previdenziale. Chiudere le porte all’immigrazione significherebbe in pratica negare ogni possibilità di crescita economica al Paese.
A oggi preoccupa anche il dato relativo all’invecchiamento della popolazione. In Italia non si fanno figli e gli anziani rappresenteranno presto il grosso della popolazione. E già nel 2024 lo Stato lamenta un’estrema pressione sui sistemi del welfare e delle pensioni. I lavoratori stranieri, con un’età media più giovane, possono contribuire a bilanciare questa dannosa tendenza. Inoltre tanti settori importantissimi per l’economia nazionale, come l’agricoltura, l’assistenza personale, la ristorazione, l’industria manifatturiera e quella tessile dipendono fortemente dalla manodopera straniera. Rallentare l’immigrazione potrebbe creare gravissime carenze di personale.
Il contributo dei lavoratori stranieri è oggi cruciale sotto più punti di vista. Chi parla di invasione fraintende la realtà dei fatti o la manipola per ignoranza oppure schietta intolleranza. L’immigrazione in Italia non cresce dagli anni pre-pandemici. Secondo gli ultimi dati, i lavoratori stranieri in Italia (quelli regolali, ovviamente) rappresentano il 10% della forza lavoro complessiva del Paese. Un dato inferiore a quello di tanti altri Paesi europei.
Certo, il numero reale di immigrati che lavorano in Italia potrebbe essere molto più alto: una larga parte è senza documenti, un’altra non viene più valutata come forza lavoro straniera dopo aver acquisito la cittadinanza. A ogni modo, la percentuale non rivela nulla di preoccupante. In Germania, i lavoratori stranieri per esempio sono più del 14% della forza lavoro totale.
Il quattordicesimo rapporto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dedicato al tema de “Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia” rivela che gli occupati stranieri in Italia sono quasi 2,4 milioni e che, come anticipato, rappresentando oltre il 10% del totale degli occupati. La disoccupazione tra gli stranieri non UE è dell’11,4%, mentre quella degli italiani è del 7,2%. Il tasso di inattività è del 31,5% (quella degli italiani è del 33,6%).
Secondo il rapporto, i settori con la più alta incidenza di occupati stranieri sono i servizi personali e collettivi (30,4%) e l’agricoltura (18%). Seguono la ristorazione e il turismo (17,4%) e le costruzioni (16,4%). Dall’analisi viene fuori che i lavoratori stranieri sono spesso concentrati in basse qualifiche, con retribuzioni medie annue inferiori di oltre il 30% rispetto al totale dei lavoratori.
Dal punto di vista fiscale, il rapporto rivela che i 2,4 milioni di lavoratori stranieri presenti nel Paese hanno versato 4,5 miliardi di euro di IRPEF generando un contributo interno lordo di 164 miliardi di euro. Tale valore, definito come PIL dell’immigrazione rappresenta da solo l’8,8% del PIL nazionale.
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