Italia-Vaticano, stop segreto bancario: tassate le rendite dal 2014

Italia-Vaticano, stop segreto bancario: tassate le rendite dal 2014
Italia-Vaticano, stop segreto bancario: tassate le rendite dal 2014

ROMA – Fine del segreto bancario tra Italia e Vaticano: dopo la Svizzera, il Principato di Monaco e il Liechtenstein anche la Santa Sede apre le porte e i conti correnti dei cittadini italiani al Fisco. Ora i due Paesi si scambieranno informazioni sui contribuenti, ma anche sui cittadini italiani con pensioni o stipendi vaticani. E sarà possibile anche nella Santa Sede, così come in Svizzera e a Montecarlo, regolarizzare capitali non dichiarati in base alla “voluntary disclosure”. L’accordo prevede il pagamento delle imposte sulle rendite finanziare a partire dal 2014.

La convenzione fiscale, la prima di questo tipo per il Vaticano, è stata siglata dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan e dal segretario per i rapporti con gli Stati, Richard Gallagher, l’equivalente del nostro ministro degli esteri.

Per il ministero dell’Economia la convenzione è la chiusura del cerchio che consente di dare piena efficacia all’operazione ”rimpatrio capitali”. Prima l’accordo con la Svizzera, poi con il Liechtenstein, quindi con il Principato di Monaco e ora con la Santa Sede consentiranno al fisco italiano di fare il pieno di incassi. Si attendono tra i 5 e i 6 miliardi, dei quali solo una piccolissima parte dalla Santa Sede visto che negli ultimi anni è stata fatta pulizia dei conti dei privati depositati presso lo Ior.

Vantaggi anche per il Vaticano: viene ribadita l’esenzione da ogni imposta per gli immobili di culto. Non cambierebbero le norme introdotte recentemente con l’Imu sulla Chiesa, per alberghi e scuola. Ma si chiarisce che sui luoghi di culto non si applicherà la tassa sui rifiuti (ora si chiama Tari). Sul punto c’era stata qualche difficoltà di interpretazione giurisprudenziale, che viene chiarita: non essendo una tariffa bensì una tassa non si applica sui beni esentati dai Trattati Lateranensi. La vera cifra dell’accordo non è però economica. La firma segna soprattutto un ulteriore passo del Vaticano verso standard finanziari internazionali, che contro evasori e riciclaggio chiedono sempre più trasparenza.

”L’Italia – ha evidenziato Padoan – è il primo Paese con cui il Vaticano fa un accordo di questo genere. E’ un passo avanti importante”. Anche il ”ministro degli esteri” vaticano, Gallagher definisce l’intesa un ”significativo passo della Santa Sede verso l’obiettivo della massima trasparenza nel campo delle relazioni finanziarie” e nel contempo dimostra ”l’idoneità del proprio sistema istituzionale e giuridico a sostenere in modo efficace il confronto con i più elevati parametri internazionali in materia”.

Il Vaticano, che in campo finanziario si era adeguato alle normative anti-corruzione e al pressing di Bankitalia con l’istituzione della Autorità di Informazione Finanziaria (Aif), ora adotta per il fisco gli standard Ocse per lo scambio di informazioni. E lo fa in modo retroattivo, a partire dai dati del 1 gennaio 2009. Ovviamente il faro è puntato sulle ”attività finanziarie” detenute presso lo Ior.

Intanto il ministero dell’Economia ha anche ridefinito le ”black list’‘ fiscali. Le regole sono cambiate con l’ultima legge di stabilità e nella lista valida ai fini della ”indeducibilità dei costi” per le transazioni estere sono usciti 21 Paesi, che attuano lo scambio di informazione Ocse. Tra loro Singapore, Emirati Arabi e Filippine. Rimangono invece Svizzera e Liechtenstein.

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