Iva zero su pane, pasta, latte è una bella frase tonda che fa un bel suono a pronunciarla e a sentirla. Iva è una tassa, portarla a zero è il destino cui dovrebbero essere condannate tutte le tasse del mondo. E poi pane, pasta, latte: il cibo, i consumi essenziali, i generi di prima necessità (anche se manca il pomodoro). Il pane che è alla base dell’alimentazione italica e che è anche simbolo, tradizione, famiglia, religione. La pasta, che vogliamo dire di ciò che la pasta è per gli italiani? E il latte, latte chiama alla mente bambini, mamme. Dunque Iva a zero su pane pasta e latte è davvero un bel dire. Ma che vuol dire?
Un risparmio di 0,057 centesimi, al giorno!
Vuol dire, voleva dire (pare proprio non se ne faccia più nulla), vorrebbe dire niente meno che 21 euro di spesa in meno l’anno per consumatore. Dividere 21 euro per 365 giorni non è proprio calcolo immediato, comunque fa 0,057 centesimi al giorno. Non proprio roba da alleggerire il peso in denaro del carrello della spesa. Anzi il microscopico calo del costo sostenuto per pane, latte e pasta portava e porterebbe con sé due rischi, grossi rischi.
La disillusione
Uno/a sente e legge: da governo zero Iva su pane, pasta, latte e quell’uno/a pensa che a negozio, panetteria, supermercato pane, pasta e latte caleranno di prezzo. Poi a comprare pane, pasta e latte ci va e vede che il prezzo è lo stesso. E’ lo stesso perché Iva zero su merci già a Iva bassa (4 per cento) è, ripartita sul singolo litro di latte o pacco di pasta (per non dire panino quotidiano) cifra iper minima difficile da trasferire sul prezzo del singolo acquisto. Quindi il primo rischio era ed è quello della disillusione del consumatore/elettore.
Se lo tengono i commercianti
Il secondo rischio, diciamo anche la certezza, è che quei 21 o giù di lì euro l’anno pro capite di Iva sparita se li tengano i commercianti. In modalità automatica o quasi: quale consumatore andrà a verificare/contestare se sul litro di latte o pagnottella si è scalata dal prezzo di vendita l’Iva in meno? E decine e decine sono le motivazioni con cui gli esercenti potrebbero trattenere lo scarso mezzo miliardo di euro che sarebbe costato allo Stato Iva zero su pane, pasta e latte. L’inflazione, le materie prime, il calo dei consumi…Zero Iva su pane, pasta e latte: un po’ come quando ti invitano a pranzo e nel frigo e in dispensa non c’è nulla, anzi no, c’è mezzo biscotto.