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Jobs Act, chi ci guadagna: prima Rcs, poi Espresso e Mondadori. Studio Mediobanca

di Warsamé Dini Casali |26 Marzo 2015 14:31

Jobs Act, chi ci guadagna: prima Rcs, poi Espresso e Mondadori. Studio Mediobanca

ROMA – Jobs Act, chi ci guadagna: prima Rcs, poi Espresso e Mondadori. Studio Mediobanca. Tra le italiane quotate quelle che più beneficeranno del Jobs Act sono Rcs, con un incremento atteso dell’utile per azione del 19,7% in tre anni, l’Espresso (+17,8%) e Mondadori (+13,5%) tra tlc, media e tecnologici.  Seguono Finmeccanica (+7,7%) e Italcementi (+5,5%) tra i ciclici, Banco Popolare (+6,5%) e Bpm (+5%) tra le banche e Hera (+9%) tra le utility.

E’ quanto stima Mediobanca in uno studio. Con l’effetto combinato dell’Irap i maggiori benefici sono attesi per Mondadori (+55,9%). “La composizione del mercato del lavoro italiano – scrivono gli analisti di Mediobanca Securities – mostra una forte presenza di dipendenti sopra i 50 anni (oltre il 20% nella maggior parte dei settori), e le utility e le tmt (telecomunicazioni, media e tecnologici, ndr) sono i settori con le percentuali più alte”.    ”

L’impatto una tantum dei prepensionamenti potrebbe erodere del 20% gli utili nel primo anno, con un impatto maggiore (45%) per il comparto tmt”, affermano poi. Così, sostituendo dipendenti anziani con nuovi assunti questo potrebbe sostenere l’utile per azione delle società in media del 4%. A livello settoriale i maggiori vantaggi sarebbero per le tmt (+8%), seguite da utility (+2,8%), finanziari (+2,6% e industriali puri (+2%).

“Assumendo che un’azienda implementi un piano di prepensionamenti interamente integrato con nuove assunzioni calcoliamo che il costo del lavoro scenderebbe di 2,2 punti percentuali l’anno in media, mentre l’incidenza dei costi sui ricavi scenderebbe di 50 punti base”. Combinando poi l’impatto del Jobs Act con i tagli all’Irap previsti dalla Legge di Stabilità del 2015 i vantaggi maggiori sarebbero per le aziende media (27%), i settori ciclici (13%), le multiutility (+13%) e i finanziari (+10%).

Mediobanca spiega di aver elaborato l’impatto della riforma del lavoro guardando fondamentalmente a tre parametri: l’esposizione all’Italia dell’utile operativo lordo delle società analizzate e il peso del costo del lavoro domestico. La terza variabile considerata nel modello è quella della piramide di età, per quantificare lo spazio per sfruttare le deduzioni Inps dei nuovi contratti permanenti tramite prepensionamenti.    Nell’approccio seguito, spiega Mediobanca, emerge che serviranno 5-6 anni per raggiungere un “punto di neutralità”.

Il primo modello utilizzato, precisa infatti, stabilisce con dati Istat quanto sarà necessario a una società italiana media per bilanciare con salari più bassi i costi ‘una tantum’ necessari per attivare la cassa integrazione. La conclusione è che il costo dei dipendenti di età più alta sia circa il 30% superiore alla media, mentre i nuovi assunti dovrebbero costare il 50% in meno dei dipendenti prepensionati.     “La conclusione è che ci vorranno cinque o sei anni a una società per ripagarsi i costi unici generati dal fondo di solidarietà – evidenzia lo studio -.

I dati Istat suggeriscono che il 19% della forza lavoro si avvicina a un prepensionamento, con il 100% di quelli con più di 65 anni e il 56% di quanti hanno 55-64 anni. Come tali, il 70% dei lavoratori tra i 55 e i 64 anni hanno i requisiti per un prepensionamento”. Il modello impiegato da Mediobanca nell’analisi, che ha riguardato 45 società, ha tenuto conto così di aggiustamenti basati sulla visibilità della piramide di età. Secondo i calcoli dell’istituto, il 2% dei lavoratori in Italia opterà per il prepensionamento, pari al 14% di quanti hanno tra 50 e 55 anni. L’assunzione è poi che i nuovi assunti costeranno il 60% in meno nei primi tre anni, dopo aver considerato anche le deduzioni dei costi Inps.

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