Jobs Act FAQ: cosa cambia con la riforma del lavoro del governo Renzi

Jobs Act FAQ: cosa cambia con la riforma del lavoro del governo Renzi
Jobs Act FAQ: cosa cambia con la riforma del lavoro del governo Renzi (LaPresse)

ROMA – Jobs Act FAQ: cosa cambia con la riforma del lavoro che il governo Renzi sta cercando di far approvare dal Parlamento.

Perché si chiama “Jobs Act”? È un calco dalla riforma fatta da Obama, acronimo di Jumpstart Our Business Startup. Ma negli Usa era un sistema che agevolava le piccole e le nuove imprese incentivandole ad assumere.

Cosa prevede il Jobs Act di Renzi? In Italia ha l’obiettivo di rendere più facili i licenziamenti seppellendo definitivamente l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, sostituire i contratti precari e stabili con il nuovo contratto a tutele crescenti, introdurre rudimenti di flex-security.

Come cambiano i licenziamenti con il Jobs Act? Già la legge Fornero del 2012 aveva svuotato l’impianto dell’articolo 18, prevedendo il reintegro solo in caso di licenziamenti nulli o discriminatori e l’indennizzo in tutti gli altri casi.
Con il Jobs Act il reintegro sarà possibile solo in alcune “specifiche fattispecie” di licenziamenti disciplinari, che il governo definirà nei dettagli per ridurre la discrezionalità dei giudici. Scrive Roberto Mania su Repubblica:

Si è ipotizzato di limitare il reintegro ai lavoratori licenziati con l’accusa rivelatasi poi infondata di aver commesso un reato perseguibile d’ufficio.
Più probabilmente il reintegro scatterà quando si accerterà che il dipendente è stato licenziato sulla base di un’accusa poi scoperta falsa, come quella, per esempio, di aver rubato.
Non è escluso che il datore di lavoro possa optare per il pagamento di un indennizzo ma più alto di quello previsto nelle altre situazioni.
Nei casi di conciliazione diretta tra le parti il lavoratore non dovrebbe pagare le tasse sulla cifra ottenuta come risarcimento.

Che cos’è il “contratto a tutele crescenti”? Sarà il contratto che, se passa il Jobs Act, varrà per tutti i nuovi assunti, compresi quelli che passano da posto un lavoro all’altro. Prevede che con il passare degli anni aumentino le tutele (più indennizzo in caso di licenziamento, contributi pensionistici, maternità, malattia…). È, grosso modo, un contratto che farebbe partire tutti precari per poi far diventare tutti stabili entro circa tre anni dall’assunzione.

Sarà la fine dei contratti atipici e dei co.co.co.? Il contratto a tutele crescenti, grazie agli incentivi su tasse e contributi previdenziali, dovrebbe sostituire i tanti contratti atipici in vigore, a partire dai co.co.co., anche se molto deve essere definito dai decreti attuativi che scriverà il governo.

Quali saranno gli incentivi ad assumere? Dal primo gennaio 2015, con il Jobs Act, dovrebbero entrare in vigore anche gli incentivi previsti dalla legge di Stabilità 2015: contributi previdenziali azzerati per i primi tre anni ed eliminazione del costo del lavoro dal calcolo dell’Irap.

Quali saranno i nuovi ammortizzatori sociali? Scrive Roberto Mania su Repubblica:

Cambierà anche l’attuale Aspi (assegno sociale per l’impiego), cioè la vecchia indennità di disoccupazione, e la cosiddetta mini-Aspi, destinata oggi alle circa 300 mila collaborazioni monoc ommittenti che il governo vuol fare rientrare nel lavoro subordinato. La platea dei destinatari dell’Aspi dovrebbe essere estesa e forse anche la durata. Molto dipenderà dalle risorse disponibili, per ora ci sono 1,9 miliardi. La riforma complessiva della cassa integrazione arriverà solo in un secondo momento. Nella legge è già stabilito che la cessazione dell’attività aziendale o anche solo di un ramo non permetterà come accade oggi di accedere alla cassa integrazione.

Sarà possibile il demansionamento? Se l’azienda dichiara lo stato di crisi, potrà demansionare il lavoratore, se l’alternativa è il licenziamento.

L’azienda potrà controllare email e telefonate del lavoratore? Il Jobs Act rende possibili i controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro affidati al dipendente. Fra questi rientrano il computer, quindi l’azienda potrà monitorare tutto ciò che in esso è salvato, la navigazione internet e la casella email aziendale (non quella personale). E, nel caso che il dipendente abbia un dotazione un cellulare, l’azienda potrà controllare quel cellulare.

Cosa altro vuole cambiare il Jobs Act? Sintetizza Mania:

(garantire) tutele per la maternità a chi oggi ne è privo, favorire il ricorso ai contratti di solidarietà al posto della cassa integrazione,
rafforzare il ruolo dello Stato centrale nelle politiche attive per il lavoro con la nascita dell’Agenzia nazionale del lavoro e forse anche destinando più risorse visto che siamo in fondo alla classifica europea con solo lo 0,025 per cento del Pil.
Insomma, cambiare il mercato del lavoro, cominciando a spostare le tutele dal posto di lavoro
(tarate così in base alle dimensioni dell’azienda, al suo settore di attività e anche alla sua collocazione geografica)
al lavoratore nel suo percorso professionale,
sperimentando pure il salario minimo per chi non è coperto dai contratti e rivedendo gli incentivi all’occupazione. In qualche modo la via italiana alla flexicurity.

La riforma del lavoro, però, è

Tutta ancora da scrivere. Perché la legge approvata dalla Camera e alla quale il Senato darà il via libera definitivo nella prima decade di dicembre, delega il governo a definire nel dettaglio, con i decreti attuativi, le soluzioni concrete. A cominciare da quella sui licenziamenti individuali senza giusta causa.

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