ROMA – Jobs act statali. Rinvio tattico di Renzi: prima Colle e Italicum, poi… Prima il successore di Napolitano e la nuova legge elettorale, poi si potrà riparlare della licenziabilità degli statali. Che la norma che avrebbe dovuto estendere l’applicazione del jobs act (con le nuove regole che rendono i licenziamenti più flessibili) anche ai nuovi assunti della pubblica amministrazione sia scomparsa non significa che la partita (fonte di un’altra spaccatura di maggioranza) sia conclusa.
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha confermato oggi alla stampa parlamentare che sulla non menzione degli statali nel jobs act ha infine fatto prevalere il suo parere decisivo:
In Consiglio dei ministri ho proposto io di togliere la norma sui dipendenti pubblici perché non aveva senso inserirla in un provvedimento che parla di altro. Il Jobs act non si occupa di disciplinare i rapporti del pubblico impiego per il quale c’è una riforma in Parlamento. (Corriere della Sera)
Il rinvio alla discussione parlamentare sulla riforma della P.A. è un espediente tattico per evitare lo scontro su più fronti contemporaneamente e conferma che, a dispetto delle dichiarazioni dei ministri competenti Poletti e Madia, contro la volontà della minoranza Pd comunque ostile al jobs act, della licenziabilità degli statali se ne riparlerà eccome, ma dopo gli altri appuntamenti fondamentali che attendono il Governo, a cominciare dall’imminente elezione del nuovo capo dello Stato e dalla legge elettorale (Italicum).
In vista dei quali Renzi ha predisposto una sorta di tregua (statali esclusi per ora) con i suoi parlamentari riluttanti di cui ha bisogno dei voti in Parlamento. Sulla riforma della P.A. che verrà e che conterrà nuove disposizioni sugli statali (ampiamente auspicati da Renzi e Padoan in altre occasioni) i voti potrebbero giungere anche da Forza Italia con conseguenze immaginabili rispetto alla tenuta di un Pd spaccato.
Resta il fatto che il premier, dopo essersi assunto la responsabilità per il testo dei decreti attuativi usciti dal Consiglio dei ministri il 24 dicembre, innesca un terremoto nel suo partito, tornando a sfidare la minoranza pd. Stefano Fassina, che guida il fronte degli oppositori al Jobs act , attacca direttamente il segretario del suo partito:
«Fino a oggi nessuno aveva parlato di licenziamenti per motivi economici nella Pubblica amministrazione: ora Renzi usa la sponda di Ncd per portare avanti la sua linea. Questa è una scappatoia demagogica. Renzi scarica sulla pelle degli statali la carenza di investimenti e la mancata riorganizzazione del pubblico impiego. Così, però, si scatena una guerra tra poveri». (Francesco Di Frischia, Corriere della Sera)
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