Il sistema, da anni sotto pressione, non riesce a garantire una pensione minima dignitosa, ma presto l’assegno salirà a 1.000 euro.
Quello della pensione minima, in Italia, è un problema annoso e complesso. Attualmente, l’importo della minima è pari a 598,61 euro mensili, in virtù dell’adeguazione annuale all’inflazione. Ed è evidente che un simile assegno, da solo, non sia quasi mai sufficiente a garantire una vita dignitosa ai pensionati. Esistono le integrazioni al minimo, ovvero supplementi statali finalizzati a rendere l’assegno di base relativamente più ricco.
L’integrazione al minimo, nel 2024, porta l’importo della pensione fino a 614,77 euro al mese, anche in questo caso assecondando le rivalutazioni annuali necessarie a un’adeguazione del trattamento al costo della vita. Il minimo meccanismo dovrebbe garantire ai pensionati un importo minimo mensile nel caso in cui la loro pensione, calcolata sui contributi versati, sia inferiore alla soglia stabilita.
Per i pensionati non coniugati, il limite di reddito per ottenere l’integrazione completa è di 7.781,93 euro annui. Per chi percepisce di più, ma senza superare i 15.563,86 euro annui, è prevista un’integrazione parziale. Se il pensionato è sposato, il reddito coniugale viene preso in considerazione e per ottenere l’integrazione, oltre a uno individuale sotto i 13.633,10 euro, bisogna avere un entrata coniugale mai oltre i 27.266,20 euro.
Il vero problema è però un altro. Non tutti i pensionati, infatti, hanno diritto all’integrazione al minimo. Secondo la normativa attuale, soltanto coloro con contributi maturati entro il 31 dicembre 1995 possono beneficiare dell’integrazione. In pratica, si assiste a un’esclusione dei cosiddetti “contributivi puri”, ovvero di coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996.
Il sistema pensionistico italiano, da molti decenni in difficoltà, per via di una gestione passata troppo generosa e per l’invecchiamento della popolazione, è in affanno anche con la sostenibilità della pensione minima con importo ridotto. Così, chi richiede un aumento del trattamento base, facendo appello a una pensione minima da 1.000 euro, già sa di star pretendendo l’impossibile.
La buona e inattesa notizia è che ci sono dei pensionati già pronti a ricevere già da quest’anno la pensione minima a 1.000 euro. L’aumento non è previsto su tutto il territorio nazionale ma solo in una provincia di una Regione a statuto speciale. Il Consiglio provinciale di Bolzano, in Alto Adige, ha infatti approvato (in parte) una mozione che prevede l’introduzione di nuove importanti misure contro la povertà degli anziani.
Non solo: la Regione intende investire sul potenziamento di altre utili agevolazioni per il sostegno al reddito, come per esempio il contributo per il canone d’affitto. Affinché la mozione diventi definitiva bisogna però attendere l’ok definitivo da parte del Consiglio. Non troppo tempo fa, il New York Times ha elogiato sulle sue pagine le politiche assistenziali altoatesine, definendole come un esempio virtuoso per tutta Europa.
Secondo il programma della riforma, i pensionati potranno ambire al trattamento minimo al raggiungimento dei 65 anni, qualora vivano da soli e abbiano un reddito inferiore ai 10.000 euro netti all’anno. L’altro requisito dovrebbe essere il non avere altri patrimoni di rilievo oltre all’abitazione o alla casa di proprietà. Bisogna poi avere residenza stabile e ininterrotta da almeno dodici mesi in provincia di Bolzano.
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