Nel Medioevo era una specie di regola universale, ma anche oggi ci sono chiare evidenze che la povertà possa essere ereditaria.
La precarietà economica come stigma o colpa da espiare, e trasmessa di generazione in generazione… Non è un’esagerazione né una provocazione. I dati mostrano che l’ascensore sociale in Italia è davvero bloccato. Secondo un recente sondaggio di Legacoop-IPSOS, per esempio, solamente il 5% degli intervistati si figura una posizione sociale migliore per i propri figli.
Un dato che coinvolge una minoranza? No, purtroppo. Sempre secondo lo stesso sondaggio, il 66% degli italiani si percepisce collocato nella parte inferiore della piramide sociale e non ha alcuna speranza di migliorare la propria posizione. Il tema è quello della trasmissione intergenerazionale della povertà. Un fenomeno grave studiato a livello internazionale e che vede l’Italia tra i Paesi dove la povertà è considerata una tara ereditaria. L’UE, con un’indagine gestita da Eurostat, ha infatti bocciato il nostro Paese per ciò che concerne la mobilità socio-economica.
Lo confermano anche altre fonti. Un rapporto della Caritas ha nelle scorse settimane evidenziato che la povertà in Italia è un fenomeno strutturale e non più residuale, con oltre 5,6 milioni di poveri assoluti. Un numero pari al 9,7% della popolazione. E pesa sempre di più la trasmissione inter-generazionale delle condizioni di vita sfavorevoli.
Tutti questi dati rivelano una situazione di estrema polarizzazione sociale. Le persone povere hanno enormi difficoltà a migliorare la propria posizione economica e sociale. E secondo l’UE, l’Italia è fra i Paesi dove il problema è più evidente: la situazione è peggiore solamente in Romania e Bulgaria.
Il nostro Paese non ha più un ascensore sociale. È stato stimato che circa il 35% degli adulti poveri viene da famiglie povere, mentre in altri Paesi solamente il 15, il 10 o persino l’8%. La media europea è del 20%. Il trend non dà segni importanti di miglioramento dagli anni ’90 del secolo scorso.
Quindi l’Italia, insieme a Paesi come la Bulgaria e la Romania, è tra i Paesi dell’Unione Europea dove la povertà si trasmette di generazione in generazione. A livello sociologico è noto che in sistemi poco sani le condizioni socio-economiche e finanziarie vissute durante l’adolescenza possono influenzare il tenore di vita in età adulta. Una sorta di determinismo. E la situazione è particolarmente critica nel Mezzogiorno, dove il rischio di povertà è più elevato rispetto al Nord e al Centro del Paese. Qui, l’accesso all’istruzione è ancora precario. Ma laureati o titolari di un master possono ancora essere vincolati a soglie di povertà assoluta o relativa.
Un esempio virtuoso in Europa? Quello della Danimarca… Questo è l’unico Paese in cui gli adulti a rischio povertà non subiscono particolari influenze rispetto al contesto familiare dell’adolescenza: tra gli adulti a rischio povertà, l’8% circa proviene da famiglie con una cattiva situazione finanziaria, l’8,9% per quelli con una buona situazione finanziaria.
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