Alberto Nagel e Renato Pagliaro di Mediobanca, Carlo Cimbri di Unipol e Federico Ghizzoni di Unicredit: erano quattro i personaggi importanti che aderirono alle richieste di Salvatore Ligresti & family, di denaro e benefit per uscire da Fonsai. Questo almeno sostengono i Ligresti quando dicono che erano promesse, mentre Nagel, che firmò anche la lista presentata da Ligresti, dice: era per presa visione, facendoci un po’ la figura del dabben uomo che firma senza valutare a fondo i rischi. I quattro nomi sono contenuti in un secondo documento finito fra le carte dell’inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Torino su uno dei grandi scandali finanziari italiani, quello che ha al centro l’impero assicurativo di Fonsai e come perno i Ligresti. Questo “secondo papello”, che emerge dalla corrispondenza segreta tra famiglia Ligresti e Mediobanca, è finito tra le carte dell’inchiesta torinese su Fonsai. Non ha, scrive Ottavia Giustetti su Repubblica,
“il fascino del foglietto manoscritto nascosto in cassaforte”,
ma conferma che un accordo ci fu anche se poi,
“tra il primo e il secondo scritto, qualcosa non è andato come doveva”.
Finora si sapeva che Alberto Nagel aveva firmato un elenco “informale” di condizioni alle quali la famiglia si sarebbe fata da parte e che Nagel aveva sostenuto di averlo firmato per presa visione, perché, e lo ha fatto mettere a verbale, adempiere a quei patti eccedeva i suoi poteri. Lo scoop di Repubblica rivela che il 9 ottobre 2012 Salvatore Ligresti ha scritto a Nagel, amministratore delegato e per conoscenza a Pagliaro, presidente di Mediobanca, una raccomandata con ricevuta di ritorno su carta (agli atti) intestata personale:
“Il documento è nella sostanza un “promemoria” per Nagel e anche un invito al rispetto dei patti, con toni anche piuttosto decisi”.
Potrebbe trattarsi, osserva Ottavia Giustetti
“di un tentativo disperato della famiglia che, ormai senza appoggi, cerca di salvare il patrimonio dal sequestro davanti al Tribunale di Milano, chiamato a valutare la fondatezza dell’azione di responsabilità e a decidere di un eventuale congelamento dei beni dei Ligresti”.
Ma costituisce anche un documento pesante come un macigno. Il 9 ottobre sono passati 5 mesi da quell’incontro e Salvatore Ligresti scrive a Nagel:
“Il 17 maggio Lei ed io abbiamo sottoscritto un accordo (Lei nella Sua qualità) che, per sua memoria, le trascrivo: “Accordi tra Famiglia e Nagel Pagliaro Cimbri Ghizzoni””. “Poi Salvatore Ligresti riepiloga i termini della “buona uscita” di padre e tre figli da Fonsai. Dai 45 milioni per il 30% di Premafin, alle auto, agli uffici, agli appartamenti, al Tanka con ombrellone prenotato. E aggiunge: “Nessuno degli impegni di cui all’accordo è stato per ora adempiuto. E di recente sono pervenute alla mia attenzione informazioni in base alle quali ho ricavato la ben fondata impressione che i soggetti interessati potrebbero aver ripudiato l’accordo da Lei sottoscritto o comunque potrebbero aver intenzione di non fare alcunché di quanto necessario per attuare l’accordo». Ligresti spiega che proprio riguardo all’uso delle auto aziendali e alle segretarie – che secondo il “papello” avrebbero dovuto rimanere a disposizione di Paolo, Jonella e Giulia Maria – «stanno giungendo ai miei figli richieste incompatibili con l’accordo che lei ha sottoscritto»”.