Riforma del Lavoro, i tre licenziamenti: soldi o giudici

ROMA – Licenziamenti per motivi economici, disciplinari o per motivi discriminatori. Questi i tre punti presenti nella riforma del Lavoro in materia appunto di licenziamenti. Tre casi diversi con tre “soluzioni” diverse.

Il primo caso è quello che riguarda il licenziamento per motivi economici: quando la fabbrica va male può licenziare in cambio di 15-27 mensilità.

Il secondo caso è il licenziamento per motivi disciplinari: quando il lavoratore viene accusato di lavorare male, di starsene a casa, di essere uno scansafatiche, si va dal giudice che deciderà di dare al lavoratore un indennizzo o il reintegro. Nello specifico o il reintegro, nei casi gravi, o una indennità al massimo di 27 mensilità, tenendo conto dell’anzianità del dipendente allontanato. È stata inserita anche una tassa sul licenziamento pari a un mese e mezzo di retribuzione.

Il terzo caso è quello che riguarda i licenziamenti per discriminazione, valutato come nullo, come non fosse mai avvenuto, per qualunque tipo di impresa, anche quella con meno di 15 dipendenti fin qui esclusa dalle tutele per l’articolo 18.

Gestione cookie