La Cassazione ha introdotto nuove regole per la NASpI: il rischio è che l’indennità sia cancellata in assenza di una comunicazione all’INPS.
Con una recente pronuncia della Cassazione viene introdotta una nuova fattispecie relativa alla decadenza dell’indennità mensile di disoccupazione NASpI.
La Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI) è un assegno di disoccupazione istituito dal decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 ed erogato dall’INPS su domanda dell’interessato. Tale indennità si rivolge a quei lavoratori dipendenti che hanno involontariamente perso il lavoro.
L’indennità spetta anche agli operai agricoli a tempo indeterminato dipendenti di cooperative e consorzi di lavorazione o commercializzazione di prodotti agricoli e zootecnici. Possono richiederla inoltre gli apprendisti e i soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato.
E ancora: i lavoratori dipendenti inquadrati come personale artistico e i dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni. Dal 2017 l’indennità non spetta più a co.co.co e lavoratori a progetto.
L’assegno varia in base al reddito percepito nei quattro anni precedenti alla domanda di disoccupazione. Se il reddito è inferiore all’importo di riferimento stabilito dall’INPS, l’importo della NASpI può essere pari al 75% della retribuzione media mensile imponibile dell’ultimo quadriennio. In tutti gli altri casi, la prestazione si calcola in modo diverso.
L’indennità spetta già a partire dall’ottavo giorno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. E il pagamento va avanti mensilmente per un numero di settimane pari alla metà delle settimane contributive presenti negli ultimi quattro anni. Il diritto a percepire l’indennità decade per legge dopo 24 mesi.
L’assegno può essere tolto al disoccupato prima di questa scadenza nel caso in cui il beneficiario trovi un nuovo lavoro o abbia dato inizio a una nuova attività lavorativa con reddito sopra i 5.000 euro annui.
Cassazione: NASpI cancellata senza opportuna comunicazione all’INPS
Il beneficiario perde l’indennità anche al raggiungimento dell’età pensionabile o se non rispetta più i requisiti per l’indennità (se, per esempio, non è più disoccupato involontariamente). Ma ci sono anche altri casi in cui la prestazione della NASpI è destinata a essere cancellata.
Con una recentissima pronuncia, l’ordinanza n. 11543 dell’aprile 2024, la Cassazione si è espressa infatti sull’ipotesi (prevista dall’art. 10, comma 1 del d.lgs. n. 22 del 2015) dell’omessa comunicazione all’INPS della circostanza della contemporaneità tra il godimento del trattamento e lo svolgimento di attività di lavoro autonomo da cui possa derivare un reddito.
L’INPS avverte infatti i disoccupati di dover comunicare, nei trenta giorni dalla data della domanda, lo svolgimento di un’attività di lavoro autonomo e il reddito da essa percepito (anche a livello presuntivo). Un disoccupato di Palermo aveva ottenuto però dalla Corte di Appello del capoluogo della Regione Sicilia il diritto a continuare a ricevere l’indennità negatagli dall’INPS proprio a fronte della mancata comunicazione di svolgimento di un lavoro autonomo.
Nel caso particolare, il disoccupato non aveva intrapreso da zero un nuovo lavoro ma aveva continuato a percepire reddito come autonomo in un’attività secondaria che svolgeva già prima del licenziamento. Riguardo a questo caso, la Cassazione ha dunque confermato l’obbligo di comunicazione all’INPS da parte del lavoratore e ha stabilito che il caso particolare va risolto con la decadenza dalla fruizione della NASpI.
La legge dice che chi abbia intrapreso un’attività lavorativa in forma autonoma o di impresa individuale, senza opportuna comunicazione all’istituto di previdenza sociale, perde l’assegno. E ciò vale anche se l’attività da cui deriva un certo reddito non abbia avuto inizio dopo la richiesta dell’indennità o subito dopo il licenziamento.
Per la Cassazione il verbo “intraprendere” non va solo inteso nel senso letterale di “iniziare”. Va interpretato anche in quello di “applicarsi con maggiori energie e per un maggior tempo che per il passato”.