L’INPS annuncia un’importante novità sul meccanismo di accesso alla pensione per le donne: l’uscita diventa meno facile.
L’Italia è fra i Paesi che tiene conto delle differenze di genere nel sistema previdenziale: raggiungere la pensione per la donna appare, in teoria, più facile. La questione è molto dibattuta.
Molti analisti credono che i privilegi concessi alle donne ai fini pensionistici siano ingiusti e formalmente discriminanti. Si obietta, per esempio, che l’aspettativa di vita femminile sia in media più alta di quella maschile. In questo senso, dare precedenza alle donne a livello previdenziale, permettendo loro l’accesso a canali di uscita anticipata, sarebbe un controsenso.
Bisogna tuttavia considerare vari altri aspetti. Le donne, in molti casi, affrontano interruzioni di carriera per maternità, e tale situazione può penalizzarle a livello contributivo, rendendo più difficile l’accesso alla pensione e abbassando il suo importo. Inoltre, le donne continuano a guadagnare molto meno degli uomini in varie professioni.
E, anche qui, salari più bassi implicano contributi previdenziali inferiori. In media, più donne affrontano lavori part-time, dimezzando così anche il loro accumulo di contributi. Alla luce di tutti questi fattori, si parla quindi di “gender pension gap“, un indice che rappresenta la differenza tra il reddito pensionistico medio di donne e uomini.
In Italia, questo divario raggiunge il 33% circa. Ecco perché, in generale, per la popolazione femminile non è così facile come sembra raggiungere la pensione e garantirsi un assegno previdenziale adeguato.
Secondo la normativa vigente sia uomini che donne possono accedere alla pensione di anzianità a 67 anni con 20 anni di contributi. Le cose cambiano leggermente per la pensione anticipata ordinaria, raggiungibile con un’anzianità contributiva di 41 anni e 10 mesi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini.
Le lavoratrici donne, negli ultimi anni, hanno anche potuto sfruttare anche un altro canale di uscita conosciuto come Opzione Donna. Una misura temporanea, attraverso cui alcune lavoratrici sono potute andare in pensione prima dei 67 anni. Fino all’anno scorso, i requisti erano i 57 anni di età e un’anzianità contributiva di almeno 35 anni, con calcolo più favorevole rispetto alla pensione di vecchiaia standard.
L’Opzione Donna prevede infatti un coefficiente di trasformazione che riduce l’età anagrafica nel calcolo della pensione. Con la circolare INPS n.59, pubblicata il 3 maggio 2024, l’istituto previdenziale italiano ha fornito vari chiarimenti sui requisiti e la decorrenza della pensione anticipata ottenibile con Opzione Donna.
È stato spiegato che da quest’anno occorre un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un requisito anagrafico differente rispetto al passato. In pratica, è necessario avere compiuto almeno 61 anni. E questi due requisiti devono risultare maturati entro il 31 dicembre 2023.
C’è poi un’ulteriore agevolazione dedicata alle lavoratrici madri. Il requisito anagrafico pari a 61 anni può essere ridotto di un anno per ogni figlio, ma entro un limite massimo che è di due anni. Non tutte le donne possono però sfruttare questo canale speciale di uscita.
L’INPS ha spiegato che nel 2024 Opzione Donna vale solo per lavoratrici che hanno prestato o prestano assistenza da almeno sei mesi come caregiver, invalide al 74%, licenziate oppure essere dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale.
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