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Lavoro, giovani in fuga dall’Italia. Via 100.000 nell’ultimo anno, solo un terzo ritorna. Persi 134 miliardi (foto Ansa-Blitzquotidiano)
Lavoro, i giovani scappano dall’Italia. Vanno all’estero. Centomila nel periodo 2022-2023. Quasi tre volte quelli che sono tornati, cioè circa 37 mila. Lo rivela la fotografia scattata dalla Fondazione Nord Est, il forum economico a cui hanno dato vita le Confindustrie e le diverse categorie economiche del Nord Est d’Italia, quartier generale a Venezia.
In pratica è una piattaforma che studia i cambiamenti in atto e quali conseguenze avranno nel medio periodo e quali strategie è necessario adottare per farvi fronte. Di più: in 13 anni il saldo negativo è salito a 377.000 giovani.
Il deflusso maggiore viene dal settentrione con un saldo negativo di 18.000 in 13 anni. In sostanza la nuova emigrazione erode oltre il 4% dei nostri giovani. La perdita di capitale umano è stimata in 134 miliardi di euro. C’è da preoccuparsi? Sì, e non poco. Dopo la frenata della pandemia la fuga all’estero dei giovani è ripartita con uno slancio significativo.
I fattori dell’esodo sociale
Non c’è solo la “glaciazione demografica” a pesare sui giovani. C’è ben altro. Purtroppo il fenomeno è ancora sottostimato e, soltanto adesso, il governo cerca di fare qualcosa.Nella fascia d’età 18-34 anni il totale delle cancellazioni anagrafiche per l’estero è salito a circa 550.000, contro 172.000 iscrizioni (rientri) per un saldo negativo di 377.000 giovani.
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Paga di più il Settentrione che in un solo anno ha perso 80.000 giovani dal nord-est e 100.000 dal nord-ovest. Dati di gran lunga superiori a quelli emersi nel Meridione, meno 141.000 giovani. E’ il caso di rimarcare che per molti ragazzi del sud si tratta di un trasferimento al nord Italia; un trasferimento che comunque assume i contorni della emigrazione estera.
Dai 13,5 milioni di giovani del 2000 ai 9 attuali
Cifre allarmanti. Valori che andrebbero triplicati, complice la denatalità e il fatto che molti ragazzi mantengono la residenza in Italia. Ma c’è dell’altro. L’emigrazione sta aggravando il calo dei giovani italiani scesi da 13,5 milioni nel 2000 agli attuali 9 milioni.
Si nasce di meno, si invecchia di più. Il quadro si complica rielaborando i dati sull’investimento pubblico in istruzione e quello delle famiglie per ogni figlio fino al termine degli studi. Morale: l’Italia spende tanti soldi, i Paesi di destinazione ne raccolgono i benefici.
I Paesi stranieri che accolgono i nostri ragazzi sanno mettere a frutto tante qualità: energia, valori, saperi, creatività, voglia di imparare e crescere. Conclusione: nella caccia globale dei talenti l’Italia è preda e se ne vanno non solo i laureati.
No. Poco più del 30% è senza diploma di scuola media superiore e un altro 30% è al più diplomato. I laureati sono comunque un 40% ma fino al 2018 la loro quota era inferiore al 30%. Il nord è penalizzato dalla emorragia di “colletti bianchi” pur disponendo di occasioni di impiego.
Ma va anche considerato che i giovani emigrano anche per uno stipendio più alto. Aaltri per necessità, per scelta, per esperienza di vita, per svolgere mansioni per cui le imprese italiane denunciano vacancy. Tutto questo basterebbe ad accendere una spia rossa. Prima che sia troppo tardi.