ROMA – Lavoro: “Impossibile tornare alla quota di occupati prima della crisi”, Cnel. La situazione del lavoro in Italia è grave e, seppure un po’ di crescita ci sarà, dobbiamo considerare impossibile tornare ai livelli di occupazione prima della crisi. La fotografia Cnel fa il punto sul problema dei problemi italiani e sulle aspettative di rilancio possibili: e non sono rose e fiori.
“I progressi per il mercato del lavoro italiano non potranno che essere molto graduali”, dice il Rapporto sul mercato del lavoro 2013-2014. Il sistema, spiega, “potrebbe iniziare a beneficiare di un contesto congiunturale meno sfavorevole non prima dell’inizio del 2015”. E sarebbe, sottolinea, già “la migliore delle ipotesi”.
“L’ipotesi di una discesa del tasso di disoccupazione ai livelli ‘pre-crisi’, ovvero intorno al 7%, sembra irrealizzabile perché richiederebbe la creazione da qui al 2020 di quasi 2 milioni di posti di lavoro”. Tutte le ipotesi elaborate usano gli scenari demografici dell’Istat, per cui la popolazione tra i 15 e i 67 anni nei prossimi sette anni è prevista come sostanzialmente stabile. Perciò secondo il Cnel il rialzo dell’offerta di lavoro, stimato allo 0,4% in media all’anno, sarà “principalmente guidato dall’aumento del tasso di attività”, visto in crescita, a causa dell’avanzata della partecipazione femminile e del posticipo dell’uscita dal mercato da parte dei più anziani.
Passando ai valori assoluti, “l’incremento della partecipazione si tradurrà così in un aumento dell’offerta di lavoro di circa 660 mila persone nel medio periodo”. E, aggiunge, “sebbene l’incremento dell’offerta di lavoro non sia eccessivo nel periodo considerato, è necessario che sia assorbito da una sufficiente domanda affinché non si traduca in un aumento ulteriore della disoccupazione”. In uno scenario in cui ci si limita a frenare l’aumento del disoccupazione sarebbe così comunque necessario un incremento dell’occupazione da qui al 2020 di 582 mila posti di lavoro.
Uno scenario intermedio invece sarebbe quello in cui il tasso di disoccupazione scenda su valori intorno al 10%: “anche in questo caso si tratta però di un obiettivo che richiederebbe uno sforzo notevole, perché comporterebbe la creazione nei prossimi sette anni di quasi 1,2 milioni di posti di lavoro aggiuntivi (pari ad un tasso medio annuo di crescita dell’occupazione dello 0,7%).
“La crisi ha provocato un forte aumento non solo della disoccupazione in senso stretto, che si riferisce ai senza lavoro che compiono azioni di ricerca attiva, ma anche – spiega il Cnel – del numero di sottoccupati e delle persone che hanno interrotto l’attività di ricerca perché scoraggiati o perché in attesa dell’esito di passate azioni di ricerca”.
E talvolta chi lavora non se la passa molto meglio, basti pensare che “la quota di lavoratori a basso reddito è aumentata negli anni della crisi, superando nel 2011 i 2 milioni e 640 mila”, stima sempre il Cnel analizzando l’occupazione dipendente e spiegando che la soglia di povertà sotto la quale i lavoratori sono considerati ‘working poor’ risulta pari a 6,9 euro l’ora.
Guardando alle percentuali si tratta dell’11,7% degli occupati dipendenti. Tra gli autonomi, invece, la quota dei poveri risulta pari al 15,9%, per un totale di circa 756 mila lavoratori. Tuttavia, se confrontata con quella degli altri paesi europei, la quota di ‘working poor’ in Italia, risulta in generale inferiore alla media Ue 27, pari al 17%.